Home » Reggio Calabria: il fascino dei Bronzi di Riace cambia la storia della regione

Reggio Calabria: il fascino dei Bronzi di Riace cambia la storia della regione

A 50 anni dal ritrovamento dei Bronzi di Riace il fascino dei 2 guerrieri eleva ancora culturalmente la Calabria

di Filippo Francesco Idone

Hanno rappresentato uno spartiacque in materia di studio e conoscenza dell’arte ellenistica ma anche un decisivo punto di svolta nella dimensione e nell’appeal turistico-culturale di un territorio. Anche per questo, in Calabria nella città che li ospita, Reggio, non si può che parlare di un prima e un dopo Bronzi di Riace. A distanza di 50 anni dal ritrovamento nelle acque della Locride, i due guerrieri riaffiorati dal mare, continuano ad attirare interesse e attenzione non solo da parte di studiosi ed esperti ma anche di migliaia di turisti che ogni anno si recano al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. A fine agosto scorso sono stati più di 44 mila i visitatori che hanno varcato la soglia della “casa” dei Bronzi. Numeri non da poco: nel periodo 2013-2016, dopo un nuovo restauro effettuato nei saloni del Consiglio regionale ed il ritorno in una sala completamente ristrutturata del Museo archeologico, gli ospiti sono lievitati – dati dossier Mibact- da 11.522 a 210.598, con un incremento monstre del 1.727%.

Un fenomeno popolare irrobustitosi ulteriormente fino al periodo pre pandemia quando sono stati censiti ben 227 mila ingressi. Mezzo secolo è passato da quel 16 di agosto del 1972 quando un sub dilettante, Stefano Mariottini, in vacanza sulla costa ionica reggina, durante un’immersione, s’imbatté , tra i fondali di Riace Marina, a circa 200 metri dalla spiaggia di Porto Forticchio, in qualcosa che somigliava sorprendentemente ad un braccio umano. La più straordinaria scoperta archeologica di matrice ellenistica si materializzò così, lontano dalle luci della ribalta mediatica dell’epoca. Dalla scoperta, quasi in sordina, al restauro e alla prima esposizione in quel di Firenze il passo non fu proprio brevissimo per i due guerrieri, la statua “A”, alta 1,98 metri e la statua “B” (1,97 m.), la cui fattura risalente con tutta probabilità, alla metà del V secolo a.C., ad Argo nel Peloponneso, venne confermata dai risultati delle analisi compiute sulle terre di fusione. Un futuro da autentiche celebrità quello che si stagliava davanti a loro: approdate a Firenze per il restauro, durato cinque anni, esposte nel Salone del Nicchio, in sei mesi vennero viste da quattrocentomila visitatori. Si racconta di folla e file interminabili: uno scenario che, dalla città toscana, culla dell’arte, si ripropose anche nella Capitale, al Palazzo del Quirinale, dove le statue dei due guerrieri vennero messe in mostra per volere del presidente della Repubblica del tempo Sandro Pertini e dove, in sole due settimane, richiamarono trecentomila visitatori. (ANSA).

Potrebbe interessarti: