Per eludere gli investigatori, l’universo criminale sempre meglio organizzato, sceglie dei codici per comunicare: escludenti, inaccessibili, dal contenuto criptico.
Si avvale storicamente di un linguaggio sfacciatamente simbolico, in parte decodificato dai consulenti che si occupano di intercettarlo. E in un’epoca che ha trasformato uno strumento d’indagine incontrovertibile in una battaglia politica sul diritto alla privacy, difficile prospettarne il futuro che l’attende.
Intanto, gli affiliati alle cosche, avvalendosi delle nuove tecnologie, hanno fiutato nuovi mezzi di comunicazione che necessitano dell’intervento di hacker esperti per essere decifrati. Questo emerge dall’ultimo rapporto stilato dalla Fondazione Magna Graecia, “Le mafie nell’era digitale”, presentato alla sala stampa della Camera dai professori Antonio Nicaso, Marcello Ravveduto e dal procuratore Nicola Gratteri, grazie al quale sono stati processati oltre ventimila commenti pubblicati su Youtube, Tiktok e Twitter.
“L’Italia ha i migliori investigatori al mondo ma deve investire ora sul piano tecnologico delle strumentazioni in uso alla polizia giudiziaria” spiega Gratteri, che ritiene dispersivo demandare alle polizie operanti al di fuori dei confini nazionali – benché digitalmente più evolute – la decodificazione delle conversazioni tra soggetti criminali su piattaforme digitali.
La lotta alla mafia è una lotta che si gioca sul tempo e il mondo virtuale accorcia quello reale, offrendo uno spazio di sponsorizzazione della vita condotta da capi e affiliati: dalla scelta del genere musicale all’esibizione delle auto di lusso, dalla santificazione dei boss del passato alla scelta delle icone con cui esprimere le emozioni sinteticamente; tutto diventa virale e conferma la capacità delle mafie di rinnovarsi aderendo ai tempi moderni, esercitando influenza sui propri discepoli, lanciando messaggi poco velati ai clan avversari e approfittando del labile confine che divide mondo reale e virtuale, confine in cui le regole della comunicazione vengono costantemente infrante dalla dissimulazione della propria identità.