Preg.mi, mi rivolgo alla classe politica calabrese, senza distinzione di colore e schieramenti, per rappresentare, dal mio punto di vista, cosa significa fare impresa in Calabria. La situazione socio economica della nostra Regione è sotto gli occhi di tutti; stiamo attraversando momenti molto importanti e delicati nei quali è in gioco il futuro della nostra terra; assistiamo ad una lotta costante tra lo Stato e l’antistato (la ndrangheta e la cultura filomafiosa). La magistratura e le forze dell’ordine
stanno facendo la loro parte, ma è indispensabile svegliare le coscienze dei calabresi (per molto tempo dormienti ed a volte omertose e colluse) e farli diventare attori protagonisti di una rivoluzione “culturale” che ha al centro la legalità. Sto facendo del mio meglio per essere da esempio, esponendomi e continuando a fare impresa in Calabria. Credo che la mia storia, quello che ho fatto e sto facendo, mi danno, forse, la competenza e l’esperienza per portare alla vostra attenzione questo contesto.
I fatti di cronaca che tutti i giorni siamo chiamati a vedere, leggendo quanto riportato dai media sulle importanti attività di indagine della magistratura, ci raffigurano un territorio in cui (cit. dr. Gratteri) “le organizzazioni criminali controllano il battito cardiaco dei cittadini”. Viviamo in contesti in cui si è normalizzato il male, ci siamo assuefatti al potere criminale, restando impassibili e non reagendo. L’impatto devastante di questo scontro lo stanno subendo in particolare gli imprenditori costretti per il loro ruolo a subire in prima persona aggressioni e pressioni in diverse forme.
L’imprenditore aggredito dalla criminalità si trova, dal suo punto di vista, davanti a scelte molto forti:
• Pagare e subire l’estorsione, che significa sottomettersi al potere criminale, pagare un prezzo, riconoscere di avere “padroni e padrini”, illudendosi di avere la garanzia di poter operare sul territorio. Il “mettersi a posto” significa infatti pagare l’onere del “pizzo” ma poter poi continuare a lavorare, al di là del disvalore e del condizionamento che tale azione comporta, non rendendosi conto di aver “venduto l’anima al diavolo”.
• Denunciare, il che comporta un profondo cambiamento di vita, porta ad essere nel costante pericolo di subire minacce ed attentati, oltre al drammatico isolamento nel quale è costretto a vivere. Certamente lo Stato starà al fianco della vittima e gli garantirà tutte le possibili forme di tutela fisica, scorte, vigilanza ecc.. Ma dall’altra parte purtroppo il denunciare nel nostro contesto comporta anche la marginalizzazione, non solo sociale ma a volte anche economica, in situazioni in cui la cultura mafiosa occupa sovente anche spazi nella pubblica amministrazione. L’imprenditore vittima di aggressioni criminali per la sua mentalità pragmatica spesso si illude, sbagliando, di poter gestire l’estorsione, limitandone i danni, anche perché vede a volte nel sistema Stato incertezze ed incapacità di poter garantire la sua tutela e la salvaguardia della continuità dell’attività imprenditoriale. Queste considerazioni generano la mancata denuncia e l’accettazione del condizionamento mafioso.
Statisticamente parlando, vi sono moltissime aziende vittime dei poteri criminali. Vittime di aggressioni che, dopo aver denunciato, sono state messe in serie difficoltà. Paradossalmente in molti casi le imprese vittime che hanno denunciato hanno continuato a subire privazioni e limitazioni che hanno portato molte di esse a chiudere l’attività o rischiare concretamente il fallimento. Oltre all’isolamento economico vi è quello sociale, conseguenza anche dei sistemi di tutela, che condiziona ancor più pesantemente e profondamente tutto il nucleo familiare e la vita quotidiana di ognuno. Si tratta in questo caso di prezzi molto alti, di sacrifici enormi e di privazioni che minano pesantemente la serenità familiare portandone spesso alla definitiva rottura. La Calabria è una regione ad altissima tasso di criminalità, ma è anche una terra dove vi sono i primi ed importanti segnali di resistenza, dove i cittadini e gli imprenditori, assumendosene i rischi e le paure, stanno cercando di resistere e reagire, ma occorre predisporre degli strumenti per poter dare loro speranza e certezza nelle loro scelte di legalità.
Sulla base di ciò mi permetto quindi di invitare la classe politica della mia regione ad intervenire realizzando un provvedimento, innovativo, che potrà essere anche da esempio per le altre Regioni in cui mettere al centro il valore “positivo “ della denuncia, riconoscendo dei “benefit” che in qualche modo possano supportare i grandi sacrifici patiti dalle vittime della criminalità. Chiedo dunque alla classe politica Calabrese di farsi promotrice di una norma che consenta di riconoscere in modo concreto e tangibile il valore positivo di chi denuncia concedendogli speranza e diritti (una forma di
premialità). L’ente Regione a nome di tutti i calabresi è chiamato ed esprimere concreta solidarietà adottando un provvedimento che metta in chiaro che “denunciare conviene ed è sinonimo di solidarietà e vicinanza e non di isolamento”.
Abbiamo un obbligo morale e non solo di essere portatori concreti di speranza: dobbiamo chiedere ai calabresi di fidarsi di noi e per questo dobbiamo guardare oltre, dando e chiedendo coraggio. Per quanto sopra detto, riporto di seguito un’ipotesi di norma regionale che mi sono permesso di elaborare, tenendo conto delle finalità sopra rappresentate.
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Art. XX
(Premialità per le imprese resistenti alla criminalità organizzata)
1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti operanti nel territorio regionale prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti per l’aggiudicazione di contratti pubblici, l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo, pari al 10% del parametro numerico finale, alle imprese che attestano, in capo al titolare o ad uno dei soggetti di cui all’art.94, comma 3, dalla lett. a) alla lett. g), del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, di essere stati vittime di atti di criminalità organizzata, fatti usurari ed estorsivi o di aver assunto nei procedimenti penali ad essi relativi, il ruolo di testimoni di giustizia ai sensi dell’art. 2 della Legge 11 gennaio 2018 n. 6, comma 1, lett. a), b), c) e d).
2. La premialità di cui al comma 1 è riconosciuta dalla Regione e dagli enti del sistema regionale anche in sede di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi finanziari e attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
BOZZA DI PROGETTO DI LEGGE REGIONALE “PREMIALITA’ NELLE PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE DI CONTRATTI PUBBLICI PER LE IMPRESE RESISTENTI ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA”.
1. Premessa: richiamo ai principi del nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 31 marzo 2023 n. 36) e ai precedenti in materia di premialità. Uno degli elementi qualificanti il nuovo codice dei contratti pubblici è rappresentato dall’opzione di aumentare notevolmente la discrezionalità delle stazioni appaltanti, che vengono maggiormente responsabilizzate nelle procedure di affidamento. Questo ambito di maggiore discrezionalità e responsabilità è peraltro presidiato da alcuni “principi generali”, tra cui spicca quello della fiducia” (art. 2), da predicarsi anche nei confronti degli operatori economici.
Una possibile forma di attuazione e valorizzazione di tale principio è rappresentata dal rilievo che può essere assegnato alla storia e al ruolo dell’impresa nel contesto territoriale e sociale di riferimento. Nella materia dei contratti pubblici l’impiego di criteri premiali non rappresenta una novità: ad esempio l’art. 83, comma 10, del D. Lgs. n. 50 del 2016, come modificato dall’art. 52, comma 1, lett. e) nn. 1-6 del D. Lgs. n. 56 del 2017, nell’ambito del sistema del rating d’impresa affidava alle linee guida di ANAC di prevedere un sistema amministrativo di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria da parte delle imprese titolari di appalti pubblici delle richieste estorsive e corruttive. Sempre nell’ambito del correttivo dell’art. 95 del precedente codice, si prevedeva una premialità a favore delle società c.d. “benefit”.
Di meccanismi e strumenti premiali per particolari finalità, quali le pari opportunità generazionali e di genere e l’inclusione lavorativa delle persone disabili si tratta all’art. 61 del nuovo codice dedicato ai “contratti riservati”, con rimando all’Allegato II.3, che utilizza lo strumento dell’assegnazione di un punteggio aggiuntivo (Art. 1, comma 5).
2. L’obiettivo della misura premiale. Benché si sia formata nel tempo una corposa legislazione antimafia e a protezione delle vittime della criminalità organizzata, la situazione in cui si trovano ad operare le imprese sane del territorio è tutt’ora di forte difficoltà a fronteggiare l’illecita concorrenza degli operatori malavitosi o collusi con la malavita. Come è stato autorevolmente osservato, la grave criticità che si vive nel territorio calabrese è quella che la società civile non sta vicino agli imprenditori che denunciano e si oppongono alle minacce e alle intimidazioni e fanno quotidiana “resistenza” all’economia illegale. Alle Istituzioni compete di stare vicino e sostenere questa resistenza dell’imprenditoria sana, l’unica che merita la “fiducia”, assunta come principio generale della materia dei contratti pubblici dall’art. 2 del nuovo codice.
3. La proposta: prevedere una premialità nelle aggiudicazioni degli appalti pubblici per le imprese sane. Nell’ambito dell’autonomia regionale e nel pieno rispetto degli indirizzi della normativa comunitaria e nazionale è certamente nella facoltà della legge regionale intervenire fornendo uno strumento che rafforza l’orientamento delle stazioni appaltanti e la capacità di individuare, sulla base di parametri oggettivi, le imprese estranee all’economia illegale. La disposizione proposta troverà applicazione alle stazioni appaltanti e gli enti concedenti operanti nel territorio regionale. Si tratta di una misura che non interferisce con le competenze statali, in quanto copre uno spazio non disciplinato da analoghe previsioni di norme nazionali. La misura premiale consiste nell’automatica assegnazione, in sede di aggiudicazione della gara, di un punteggio aggiuntivo, pari al 10% del parametro numerico finale. Punteggio da assegnarsi alle imprese che attestano, in capo al titolare o ad uno dei soggetti di cui all’art.94, comma 3, dalla lett. a) alla lett. g), del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, di essere stati vittime di atti di criminalità organizzata, fatti usurari ed estorsivi o di aver assunto nei procedimenti penali ad essi relativi, il ruolo di testimoni di giustizia ai sensi dell’art. 2 della Legge 11 gennaio 2018 n. 6 (comma 1, lett. a, b, c, d).
Si prevede che la medesima premialità venga riconosciuta dalla Regione e dagli enti del sistema regionale anche in sede di riconoscimento di contributi e sussidi economici di qualsiasi natura. I fatti di cronaca che tutti i giorni siamo chiamati a vedere, leggendo quanto riportato dai media sulle importanti attività di indagine della magistratura, ci raffigurano un territorio in cui (cit. dr. Gratteri) “le organizzazioni criminali controllano il battito cardiaco dei cittadini”. Viviamo in contesti in cui si è normalizzato il male, ci siamo assuefatti al potere criminale, restando impassibili e non reagendo. L’impatto devastante di questo scontro lo stanno subendo in particolare gli imprenditori costretti per il loro ruolo a subire in prima persona aggressioni e pressioni in diverse forme. L’imprenditore aggredito dalla criminalità si trova, dal suo punto di vista, davanti a scelte molto forti:
• Pagare e subire l’estorsione, che significa sottomettersi al potere criminale, pagare un prezzo, riconoscere di avere “padroni e padrini”, illudendosi di avere la garanzia di poter operare sul territorio. Il “mettersi a posto” significa infatti pagare l’onere del “pizzo” ma poter poi continuare a lavorare, al di là del disvalore e del condizionamento che tale azione comporta, non rendendosi conto di aver “venduto l’anima al diavolo”.
• Denunciare, il che comporta un profondo cambiamento di vita, porta ad essere nel costante pericolo di subire minacce ed attentati, oltre al drammatico isolamento nel quale è costretto a vivere. Certamente lo Stato starà al fianco della vittima e gli garantirà tutte le possibili forme di tutela fisica, scorte, vigilanza ecc.. Ma dall’altra parte purtroppo il denunciare nel nostro contesto comporta anche la marginalizzazione, non solo sociale ma a volte anche economica, in situazioni in cui la cultura mafiosa occupa sovente anche spazi nella pubblica amministrazione. L’imprenditore vittima di aggressioni criminali per la sua mentalità pragmatica spesso si illude, sbagliando, di poter gestire l’estorsione, limitandone i danni, anche perché vede a volte nel sistema Stato incertezze ed incapacità di poter garantire la sua tutela e la salvaguardia della continuità dell’attività imprenditoriale. Queste considerazioni generano la mancata denuncia e l’accettazione del condizionamento mafioso. Statisticamente parlando, vi sono moltissime aziende vittime dei poteri criminali. Vittime di aggressioni che, dopo aver denunciato, sono state messe in serie difficoltà. Paradossalmente in molti casi le imprese vittime che hanno denunciato hanno continuato a subire privazioni e limitazioni che hanno portato molte di esse a chiudere l’attività o rischiare concretamente il fallimento. Oltre all’isolamento economico vi è quello sociale, conseguenza anche dei sistemi di tutela, che condiziona ancor più pesantemente e profondamente tutto il nucleo familiare e la vita quotidiana di ognuno. Si tratta in questo caso di prezzi molto alti, di sacrifici enormi e di privazioni che minano pesantemente la serenità familiare portandone spesso alla definitiva rottura. La Calabria è una regione ad altissima tasso di criminalità, ma è anche una terra dove vi sono i primi ed importanti segnali di resistenza, dove i cittadini e gli imprenditori, assumendosene i rischi e le paure, stanno cercando di resistere e reagire, ma occorre predisporre degli strumenti per poter dare loro speranza e certezza nelle loro scelte di legalità.