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Cosenza: grandi emozioni per l’opera “Il Vajont di Tutti- Riflessi di Speranza”

Forti emozioni al Teatro Rendano di Cosenza è andata in scena l'opera teatrale "Il Vajont di Tutti- Riflessi di Speranza"

di Filippo Francesco Idone

Emozioni fortissime ed occhi lucidi al Teatro Rendano di Cosenza al termine delle due repliche della prima e unica tappa in Calabria de “Il Vajont di tutti, riflessi di speranza”, la nuova emozionante pièce teatrale scritta da Andrea Ortis, regista ed eccezionale interprete del commovente spettacolo, autore peraltro di altre grandi opere come La Divina Commedia Van Gogh Cafè. La particolarissima Opera teatrale e musicale, prodotta dalla Mic International Company con numerosi Patrocini tra cui quello della Fondazione “Vajont 9 ottobre 1963”, è stata inserita nel progetto “Insieme per… l’Ambiente” dell’Associazione Culturale Art-Music&Co di Giusy Leone, con la direzione artistica di Ruggero Pegna e il Patrocinio di Legambiente Calabria, Comune e Provincia di Cosenza. Andrea Ortis, nel suo ruolo di protagonista, narratore e costruttore dell’intera sceneggiatura, in questa sua “creatura” ha sfoderato una prova attoriale davvero magistrale, trascinando il pubblico in un racconto coinvolgente e commovente. Vedere gli studenti del matinée scolastico attenti per oltre due ore e al termine finanche commossi, con gli occhi pieni di lacrime, ha confermato la grandezza di questo spettacolo, capace di calamitare e affascinare, ma anche indignare, in un processo di immedesimazione in questa incredibile storia vera, raccontata secondo un format narrativo originale e potente. Uno spettacolo da vedere e, forse, da rivedere, certamente tra i più belli, suggestivi e  creativi visti in un Teatro, come hanno confermato anche i commenti del pubblico di adulti del serale, tutto in piedi a tributare dieci minuti di applausi.

Ortis, che dopo Van Gogh Cafè ci regala un’altra performance strabiliante, a ritmo incalzante porta il pubblico sui luoghi della tragedia, li avvince con una narrazione ammaliante, a tratti ipnotica, drammaturgicamente perfetta. Bravi tutti gli altri attori: Michele Renzullo nel ruolo dell’ingegnere Carlo Semenza, progettista della Diga, Selene Demaria nei panni della giornalista Tina Merlin, che per prima iniziò a denunciare la pericolosità dell’opera, i performer Elisa Dal Corso, Mariacarmen Iafigliola, Jacopo Siccardi, a cui sono stati affidati momenti musicali e coreografie che hanno scandito il racconto storico di quegli anni. Lo spettacolo si è snodato su due binari narrativi paralleli, con il dettagliato racconto dello scenario storico dagli anni ‘20 ai ‘60 del Novecento italiano, e la ricostruzione delle dinamiche che portarono al disastro, a causa di negligenze, sottovalutazioni e superficialità. Serviva energia per ricostruire il Paese e ottenerla, con la costruzione di dighe e laghi artificiali, diventò un immenso affare per numerose aziende, spesso senza alcun rispetto per il territorio e la natura.

Dopo aver conquistato l’attenzione degli spettatori con un racconto ricco di dettagli tecnici ma al contempo umanamente struggente, arriva impietoso l’incredibile boato che la sera del 9 ottobre 1963 segnò il momento della frana sconvolgente che, precipitando dal pendio del Monte Toc, causò la tracimazione del bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont. L’acqua dell’invaso si tramutò in un’onda gigantesca che aggredì i paesi di Erto e Casso, vicini alla riva del lago e poi, scavalcando lo sbarramento della diga, si abbatté su alcuni abitati del fondovalle, tra cui Longarone, provocando oltre 2000 morti.

Con “Il Vajont di tutti” è stato centrato pienamente l’obiettivo di portare in scena la drammatica attualità del complesso rapporto tra uomo e natura e della necessaria tutela dell’ambiente e degli equilibri millenari di ogni forma di vita. Riuscito anche il raccordo narrativo,  segnato dalla dimensione del dolore per la perdita evitabile di vite umane, con i fatti tragici di Sarno, della Val di Stava, fino alle vicende di San Giuliano di Puglia, Amatrice, Rigopiano e Genova. Eventi tragici in cui il comune denominatore sono l’avidità dell’uomo e la sua scientifica aggressione delle risorse naturali attraverso il disboscamento, la cementificazione selvaggia, l’edificazione abusiva, la speculazione a dispetto della sicurezza.

Impeccabili e fortemente innovative le scene di Gabriele Moreschi, le luci di Virginio Levrio, i video di Mariano Soria. A completare le firme di uno spettacolo evento davvero indimenticabile Francesco Iannotta per il suono,  Francesco Cipullo per gli arrangiamenti, la produzione esecutiva di Lara Carissimi.

 “La storia del nostro Paese – dice Andrea Ortis con la sua forza recitativa capace di stregare il pubblico – è piena di vicende non risolte, nascoste, occultate; storie senza pace e senza giustizia, in cui a rimetterci sono gli ultimi, la gente comune e a soccombere è l’uomo con tutta la sua umanità. A volte,  è proprio questo dolore che crea partecipazione e unisce tutti in una comunità allargata, solidale, stimolata da fatti che ci colpiscono e ci chiamano in causa… Ognuno ha il suo dolore, ecco perché la storia del Vajont è la storia di tutti e, nella storia delle mie origini friulane, è il mio!”.

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