La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: nei molti divari che sono tornati a separare la società meridionale dai livelli economici ,sociali, culturali raggiunti in questi anni dall’Italia del Nord la scuola c’entra qualcosa? Esiste una questione meridionale e se sì, quali sono i suoi tratti distintivi? E in quali termini si presenta la questione scolastica nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia? Se il grande analfabetismo di massa, il mero saper leggere scrivere e far di conto è stato sconfitto si può ignorare il fatto che da Napoli in giù i tassi di abbandono scolastico, di evasione dell’obbligo sono tra i più elevati? Si può ignorare che in Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna più della metà degli studenti sono ad un livello inferiore a quello richiesto dalle indicazioni nazionali e si registrano, cosa ancora più inquietante, differenze fortissime fra scuola e scuola? Si può ignorare che da queste parti il 40% per cento degli studenti è al di sotto della sufficienza, in italiano e in matematica .
Campania, Calabria, Sicilia, Puglia occupano i primi posti della triste classifica della povertà educativa in Italia. Regioni in cui bambini e ragazzi sono maggiormente privati delle opportunità necessarie per superare ostacoli e condizioni di svantaggio iniziali. L’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va ben oltre la media nazionale (12,7%), con le punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%), e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%). Non sembrano esserci soluzioni a portata di mano per pareggiare i conti col Nord e dunque per arrivare ad una equa spartizione di risultati; ma questi numeri avrebbero dovuto mettere da tempo in allarme, serio , innanzitutto i governatori e le loro giunte regionali, subito dopo il Ministero dell’Istruzione e quindi i Governi che in questi anni si sono avvicendati.
E invece lo smantellamento progressivo dell’istruzione pubblica rischia di farle perdere il suo carattere nazionale. La regionalizzazione sta compiendo il suo percorso che porterà cambiamenti sostanziali. Per capire la posta in gioco basta considerare uno tra gli effetti più importanti di una simile manovra sulla scuola. Non avremmo più un unico sistema nazionale di istruzione, ma tanti sistemi regionali. L’autonomia differenziata sancirà gli squilibri che già esistono e li renderà definiti e insuperabili. Il gap di servizi, nella scuola, nella sanità, negli asili diventerà ‘ legittimo, un privilegio etnico- territoriale immodificabile. Insomma chi all’interno della stessa nazione abita in territori particolari e benestanti ha più diritti di chi invece ha avuto la ventura di abitare in territori disgraziati.
L’istruzione deve rimanere statale e nazionale con pari livelli delle prestazioni, senza condizionamenti di natura politica e quindi fuori da qualunque percorso di autonomia differenziata. C’era una volta un Paese dove la scuola era pubblica e le finalità e gli obiettivi li decideva lo Stato nell’interesse di tutti. Quella scuola rischia di non esserci mai più. Certa politica non ha cambiato verso alla scuola pubblica. L’ha semplicemente piegata, immiserita. Il Mezzogiorno ha bisogno sul piano sociale, oltre che economico, di eserciti di maestri e professori. Di buone scuole e buone università. Di baluardi della conoscenza che siano, al di là di tutto il resto, il simbolo della presenza dello Stato unitario sul territorio. Questo in una nota scritta dal professore Guido Leone, Dirigente tecnico U.S.R. Calabria.