Ogni bambino, sin dalla nascita, naturalmente gioca. Una propensione che – riflettendoci – svanisce (quasi del tutto!) una volta diventati adulti. Ciò che preoccupa, in verità, è che questa tendenza sta avvenendo sempre prima, abbassando la soglia anagrafica in cui lo sport (di cui è fondamentale preservare l’essenza ludica, prima ancora che agonistica) viene abbandonato. Eppure, tanto il gioco quanto lo sport, spesso rappresentano vere e proprie ancore di salvezza per bambini, ragazzi e giovani. Una sorta di oasi inclusiva dove – se praticato in contesti sani ed educativi – vengono azzerate tutte le differenze “costruite” dalla società degli adulti (quelli che si prendono tanto sul serio da non riuscire più a giocare).
Il laboratorio internazionale Sport for Inclusion and Peace promosso da Csi Reggio Calabria e Università Mediterranea, all’interno del progetto Arianna Fuori dal Labirinto, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, parte proprio da queste considerazioni iniziali con l’obiettivo comune di sintetizzare l’esperienza maturata sul campo in riva allo Stretto e rilanciare il principio di alleanze educative per lo sport tra istituzioni, associazionismo e cittadini.
La scelta dei primi giorni di aprile non è casuale: il 6 aprile 2013, con la Risoluzione A/RES/67/296, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace. E proprio in occasione di questa ricorrenza, il Csi Reggio Calabria vuole valorizzare due storie di sport inclusivo emerse nell’arco dell’ultimo anno di attività.
Il canestro più bello di Mattya
La prima storia arriva dalla Piana di Gioia Tauro, dove il Baskin – il basket integrato – rappresenta per Mattya, un ottimo strumento utilissimo per acquisire nuove consapevolezze. Mattya è un diciassettenne, cieco dalla nascita e in sedia a rotelle da quando ha 5 anni. «Chi avrebbe mai pensato che proprio dalle sue braccia sarebbero passati le sorti di un match?» ci confida la madre. Proprio le scelte della famiglia di Mattya, che ha sempre rifiutato cliché e preconcetti, unitamente alla forza degli istruttori del ragazzo sta portando a frutti importanti. «Gli istruttori credono nel potere dello sport e assieme a noi familiari abbiamo calibrato un programma di allenamenti fatti di schemi compensativi e gratificazioni di rinforzo per Mattya», prosegue la madre del giovane cestista. «Nessuno sugli spalti immagina che quel canestro, tanto preciso quanto decisivo, sia stato segnato da qualcuno che un canestro non lo ha mai veramente» sottolinea.
T. dribbla i pregiudizi ad Arghillà
Per la seconda storia ci trasferiamo nella periferia nord di Reggio Calabria. Ad Arghillà dove, da un anno il Csi reggino ha fatto nascere il gruppo under 14 di calcio a 5. Sempre presente agli allenamenti, attenta a tutti e con tantissima voglia di mettersi in gioco, straordinaria è l’esperienza di T., ragazzina dodicenne che vive nel quartiere di Arghilla Nord. Padre in carcere, due sorelle più grandi e una mamma che prova in tutti i modi a fare il meglio per la famiglia, lavorando per tantissime ore al giorno. T. vive pochissime esperienze, esce poco, va a scuola ma con tantissima fatica. Una volta avviata l’attività del gruppo under 14, la piccola, juventina e amante del calcio, si è subito appassionata. Le attività di animazione di strada promosse dal Csi e la rete Energie di Comunità, hanno aiutato a creare una relazione significativa con lei e i tantissimi ragazzi del quartiere. Mister Francesco allena i ragazzi di Arghillà: «Sono stato colpito dalla voglia e costanza di T., ha deciso di affidare la fascia di capitano della squadra proprio a lei». Sul campo, la piccola, ha conquistato tutti e tutto conquistandosi la fiducia della squadra. Così la “Arghilla a Colori”, oltre al ruolo di collante con il territorio e spazio educativo per tantissimi giovani, è diventata il luogo delle possibilità e delle opportunità, un avamposto dove le disuguaglianze non trovano spazio.
Le esperienze raccontate si intrecciano col grande lavoro fatto dal Csi assieme al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria con ben 31 ragazzi del circuito penale minorile che hanno svolto il percorso di «messa alla prova» col Centro sportivo italiano reggino. Buone prassi che non sono passate inosservate all’UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute), dipartimento dell’Onu che ha partecipato a un recente evento del laboratorio Sport for Inclusion and Peace con Marina Mazzini. Rivolgendosi alle studentesse e agli studenti dell’Università Mediterranea, Mazzini ha detto: “Siamo stati particolarmente colpiti dall’esperienza del Csi a Reggio Calabria. Un ottimo punto di partenza per irrobustire le alleanze educative che pongano al centro i ragazzi quali protagonisti attivi del cambiamento e dello sviluppo, eticamente inteso, dei territori”.