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‘ndrangheta di Rho: donna capo dei clan milanesi

Secondo le indagini del PM della Dda di Milano, Ceretti ha svelato la presenza di una donna tra i capi del clan della ndrangheta di Rho

di Filippo Francesco Idone

C’era una donna tra i capi del clan della ‘ndrangheta di Rho, anche “più spietata degli uomini”. Lo ha detto il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti nella conferenza stampa. “Uno degli elementi di novità è il ruolo delle donne – ha spiegato – abbiamo 5 donne tra le arrestate e ad una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell’associazione mafiosa”. E’ “il braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano, lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali da direttive“. E’ la “prima volta che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di un donna” nei clan. (ANSA).

“La legge è tornata, la ‘ndrangheta è tornata a Rho”. Sono le parole intercettate di Gaetano Bandiera, al vertice, assieme al figlio, della ‘locale” di ‘ndrangheta di Rho, nel Milanese. Parole pronunciate dopo aver espiato la condanna definitiva a lui inflitta nel maxi processo milanese seguito allo storico blitz ‘Infinito’ del 2010. La frase è stata riportata dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Alessandra Dolci nella conferenza stampa di stamani indetta per illustrare l’operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando la cosca. Dolci ha spiegato che “negli ultimi anni si è parlato spesso di ‘ndrangheta a vocazione imprenditoriale”, ma “questo non ci deve far dimenticare l’esistenza di una mafia tradizionale”. Questa indagine, ha proseguito, “smentisce l’ossimoro di mafia silente”, anche perché, come ha sottolineato il procuratore aggiunto, le intimidazioni e l’attività estorsiva “a tappeto” sul territorio passavano anche per “teste di maiale e teste di capretto” e “minacce di morte”. (ANSA).

Il pm Cerreti, nel corso della conferenza stampa in Procura a Milano sull’operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando il ‘ricostituito’ clan Bandiera, ha evidenziato “il ruolo delle donne” nell’indagine, facendo notare che per la prima volta in un’inchiesta sui clan in Lombardia viene a galla “il ruolo operativo e organizzativo” di una donna, Caterina Giancotti, la quale avrebbe avuto “compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere – si legge nel capo di imputazione – e delle strategia da adottare“.

Per esempio, per l’accusa, avrebbe avuto “mansioni operative in relazione alle azioni estorsive ed intimidatorie”, avrebbe partecipato alla “spartizione del proventi delle attività illecite”, oppure “gestiva direttamente il traffico” di droga, per il quale era anche stata arrestata ai primi di marzo del 2021 in flagranza di reato Pur non avendo partecipato a rituali di affiliazione”, non è stata ‘pungiuta’, ha proseguito il pubblico ministero, secondo la ricostruzione, Giancotti avrebbe avuto nella ‘locale di Rho’, nel Milanese, “un ruolo riconosciuto di promotore e capo”. Elemento nuovo anche perché la ‘ndrangheta da sempre si è caratterizzata come “una struttura maschilista” ed è dunque raro vedere una donna ai vertici. “E’ il braccio destro di Cristian bandiera, figlio di Gaetano, – ha continuato il magistrato – lo sostituisce in una serie di attività , ha sotto di sé due associati ai quali impartisce direttive ed è più spietata degli uomini”. Anche le altre donne finite in carcere, come emerge dall’indagine, hanno compiti “importanti” all’interno dell’organizzazione. (ANSA).

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