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Scilla, un rifugio dalla guerra

Grazie al Centro Comunitario Agape, una donna ucraina mette in salvo il figlio, affidandolo a una famiglia calabrese

di Helena Pedone

Il volto di Oksana riassume quello che è l’impatto della guerra sulla vita di migliaia di donne ucraine che vivono ogni giorno sotto l’incubo dei bombardamenti, al freddo, con il rischio di essere uccise, magari con i propri figli, da colpi di mortaio o da missili che distruggono ciò che capita sotto tiro, come un terremoto che demolisce tutto all’improvviso. Oksana ha un volto segnato da una profonda tristezza, con gli occhi senza lacrime dopo averle consumate tutte, dalla paura per il marito e il figlio che stanno combattendo e che non sa se al termine della giornata li potrà rivedere o almeno sentirli. Per questo ha deciso di portare in Calabria il figlio quattordicenne Vlady con la speranza di sottrare almeno Lui ai pericoli della guerra. Un affido che durerà sei mesi, con la speranza che questa devastante guerra si concluda presto. Ha affrontato due giorni di viaggio che si concluso con la consegna del figlio alla famiglia di Scilla che ha deciso di accoglierlo nel rispetto delle procedure previste per queste emergenze umanitarie. E’ stato un momento molto emozionante l’incontro della mamma e del figlio con la famiglia di Maria e Fortunato, il problema della lingua non ha permesso di esternare i sentimenti che la donna provava, ma anche senza pronunciare parole traspariva chiaramente nel suo volto la sofferenza per il distacco assieme alla gratitudine per questa sorta di pronto soccorso che è riuscita a trovare in questa famiglia. Un nucleo familiare di gente semplice, lui macellaio, lei casalinga, con quattro figlie, tutte concordi ad aprire le porte della loro casa a questo loro coetaneo che chiedeva accoglienza in questo momento delicato della sua vita. Alla domanda sul
perché hanno deciso di fare questa scelta rispondono così. Il motivo è facile da individuare: guardare quelle immagini al telegiornale delle mamme che abbracciavano i figli senza riuscire a difenderli e a proteggerli è qualcosa che da genitori ci ha toccato profondamente. Abbiamo quattro figlie in età adolescenziale e inevitabilmente ci siamo chiesti se fosse successo a noi che fine avrebbero fatto i nostri figli? Da qui nasce la nostra scelta: dalla gratitudine nei confronti della vita che
riteniamo essere stata fin troppo generosa nei nostri confronti donandoci quattro figli splendidi che non hanno avuto alcuna ritrosia nell’accogliere un nuovo fratello. E dal desiderio di prestare le nostre braccia a quelle mamme che non erano in grado di proteggere i propri figli. L’affido è stato reso possibile anche per la disponibilità della commissaria prefettizia Antonia Surace e dall’assistente sociale Anna Maria Bellantoni che hanno curato le procedure burocratiche per la sottoscrizione dell’affido che prevede l’accompagnamento della famiglia da parte del Centro Comunitario Agape. In occasione della firma la commissaria, che non ha nascosto la sua commozione per la vicenda, ha pronunciato parole di ringraziamento e di incoraggiamento ad Oksana per il suo coraggio e per la sua determinazione a fare
tutto il possibile per la tutela del figlio, con il sacrificio del distacco e della rinuncia, anche se temporanea, ad averlo vicino.
Visto il perdurare della guerra anche altre mamme ucraine stanno chiedendo al Centro Agape disponibilità di altre famiglie a questo servizio di affido internazionale che sicuramente non è risolutivo per il futuro di questi minori ma rappresenta comunque una sorta di piccolo corridoio umanitario per stare loro vicini, per non lasciarli soli. Questa esperienza rappresenta un piccolo raggio di luce nel buio che ha avvolto il Paese con la tragedia umanitaria di Cutro e che ha visto la Calabria toccata direttamente da questa triste vicenda. Una piccola testimonianza che viene dalla Calabria che pur vivendo mille emergenze dimostra che accogliere chi scappa da un paese in guerra è possibile, anzi doveroso.

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