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Domenico Dara racconta il valore salvifico della scrittura

Il valore salvifico della scrittura raccontato da Domenico Dara agli ospiti di Villa Emilia del Centro calabrese di solidarietà

di Filippo Francesco Idone

Il valore salvifico della scrittura, strumento potente che aiuta a fare i conti con le mancanze che condizionano la nostra vita. Quel vuoto interiore che ci rende “esseri mancanti” e ci rende consapevoli che la felicità e la perfezione non ci appartengono. Domenico Dara, scrittore e docente, originario di Girifalco, che con i suoi tre romanzi – Breve trattato sulle coincidenzeAppunti di meccanica celeste e Malinverno – ha vinto premi importanti e si è fatto conoscere ed apprezzare oltre i confini nazionali, è fermamente convinto che “la scrittura possa aiutare nei momenti di difficoltà”. Delle “potenzialità terapeutiche” della scrittura e del concetto di resilienza ha discusso a lungo con degli interlocutori che si sono dimostrati attenti e ricettivi, grazie alla particolare sensibilità che li contraddistingue: sono le ragazze e i ragazzi ospiti di Villa Emilia, struttura del Centro Calabrese di Solidarietà che opera con lo scopo di assicurare trattamenti residenziali mirati al recupero personaleUn incontro intenso, che ha dato la stura ad un caleidoscopio di emozioni, grazie ad un gancio speciale: Dara ha risposto all’invito di un suo caro amico, un volontario che nel Centro doveva prestare servizio pochi, è invece non si è mai più allontanato, lo psichiatra Francesco Veraldi.

“Io ho iniziato a scrivere per psicoterapia: la scrittura autentica aiuta a fare i conti con la mancanza che ci sta accanto – spiega al suo pubblico che ha da subito interagito con grande consapevolezza -. Sono fermamente convinto che la scrittura possa aiutare nei momenti di difficoltà che vi siete trovati ad affrontare e con cui fate i conti tutti i giorni”. Disciplinare le storie, insomma, rende la storia meno dolorosa. “Raccontiamo la nostra vita quando non riusciamo a trovare il bandolo della matassa. È una lotta tra il senso e il non senso – dice ancora raccontando i personaggi che animano i suoi tre romanzi –. La scrittura ci aiuta a trovarlo o ci illude di averlo trovato, che è, alla fine, la stessa cosa”.

I personaggi di Dara, racconta con pacatezza e quindi grande profondità, cercano sempre di ricomporsi. A volte, come nel caso di “Breve trattato sulle coincidenze”, ci prova il Postino (volutamente senza nome) che diventa regista delle storie ma solo con l’intento di essere un angelo custode: qual è la scelta giusta da fare per la nostra vita? “La riflessione sulla vita, sulla sua autenticità e su quale è la scelta giusta da compiere mi porta a raccogliere gli indizi di coincidenze come sassolini – dice ancora Dara -. E più raccolgo indizi più ho le prove che la strada che ho attraversato è piena di necessità interiore di conferme. E ogni tassello si illumina di significato, anche la morte diventa luce di vita”. Dara come il Postino, insomma, si arrovella sul senso della vita e del perché l’essere umano è un essere mancante.  La scrittura, in sostanza, permette di “affrontare la consapevolezza della mancanza che ci cammina a fianco tutta la vita”. Dara racconta che l’ultimo romanzo, “Malinverno” edito da Feltrinelli, nasce proprio dalla sua paura della morte, messa a nudo attraverso la scrittura.

“L’intento era quello di affrontare in maniera diretta il tema per me ossessivo della morte, presente già in maniera sotterranea anche nei lavori precedenti. È stato questo l’ostacolo più arduo: non è un argomento facile, continuando ad essere, quello della morte, un tema complesso, costellato di censure e pregiudizi – racconta ancora –. La chiave che ho scelto per affrontarla è stata quella della letteratura, riproponendo così una serie di riflessioni che mi portavo dietro da tempo sulle suggestioni che univano cimiteri e libri”.

In “Malinverno”, oltre al tema della morte, un’altra sfida ha riguardato l’uso del linguaggio, che per la prima volta abbandona il dialetto e si misura con un registro diverso. Tutti i personaggi di Dara sono segnati indelebilmente da un senso di perdita, che equivale talvolta all’esperienza della morte stessa. Come nel “Breve Trattato sulle coincidenze” dove troviamo personaggi come Concettina “a sicca” “ogni distacco umano fa sentire e provare il sentimento della morte”. Se per la meccanica quantistica un oggetto esiste solo in relazione ad un altro oggetto, per la meccanica umana “si esiste sempre solo rispetto a qualcun altro”.

È la conclusione a cui giunge Archimedu lo Stoico che, dopo la perdita del fratello scomparso, si sente come una particella smarrita in campo quantistico e giunge così a mettere in discussione i postulati della scienza classica a cui si era sempre appellato.  Sono tutti personaggi che portano dentro un grande dolore e rappresentano una sorta di compendio dell’incompletezza umana, una umanità ferita però non rassegnata, se ancora sa alzare la testa per guardare alle stelle e chiedere, proprio nella notte di San Lorenzo, che il proprio desiderio si compia. Resilienza, follia, mancanza, ma anche la speranza che si nasconde dietro un proverbio che raccoglie l’essenza di quel desiderio da avverare che Dara regala agli ospiti di Villa Emilia: “Non arrenderti mai, potresti farlo prima che il miracolo si avveri”.

Storie che si incrociano, insomma. “Noi qui le storie le raccogliamo – afferma la presidente del Centro calabrese di solidarietà, Isolina Mantelli –. Negli anni di attività abbiamo raccolto oltre 4 mila storie che lasciano il segno profondamente: sarebbe bello se queste storie trovassero narrazione. Noi siamo un angelo custode sociale di cui forse il mondo potrebbe fare a meno, ma senza di noi il mondo sarebbe più povero”. Dara ha accolto con grande entusiasmo il suggerimento di Isolina Mantelli mettendo a disposizione la propria esperienza per trascorrere del tempo con i ragazzi e le ragazze di Villa Emilia in un corso di scrittura che potrebbe sfociare proprio in una raccolta di storie.

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