La figura del poeta reggino Ibico sarà ancora una volta al centro di un incontro organizzato dall’Associazione Culturale Anassilaos congiuntamente con la Biblioteca Pietro De Nava nell’ambito del Maggio dei Libri 2023 promosso dal Ministero della Cultura e dal Comune di Reggio Calabria. Giovedì 25 maggio alle ore 16.,45 presso la Sala Giuffrè della Villetta De Nava a parlare del poeta reggino, così tanto celebrato nel mondo antico e di cui restano pochi frammenti e i versi di un poemetto più esteso, l’Ode a Policrate, riscoperto nel 1922, anno in cui fu pubblicato il Papiro di Ossirinco 1790 (con la speranza che i papiri egiziani ci restituiscano altri versi del poeta) saranno due studiosi di letteratura greca, il Prof. Claudio Meliadò, Ordinario di “Lingua e letteratura greca”, presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Messina e il Prof. Giuseppe Ucciardello, Ordinario di letteratura greca presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne della medesima università che nel corso delle sue ricerche si è occupato a lungo di epica e di lirica greca di tradizione papiracea (Saffo, Ibico, Simonide, Pindaro, Bacchilide, poesia adespota). A condurre l’incontro il Prof. Amos Martino, Responsabile del Centro Studi Anassilaos Glauco di Reggio per la cultura letteraria greca e latina. Ibico nacque a Reggio in data imprecisata, visse ed operò nel VI secolo. Egli era “figlio di Fitio secondo alcuni di Polizelo Messenio storiografo, secondo altri di Cerdante, reggino per stirpe”.
Doveva comunque appartenere ad una famiglia aristocratica se a lui fu offerta la tirannide della propria città I paremiografi antichi narrano del suo rifiuto da cui scaturì l’espressione “più ingenuo di Ibico” “Infatti egli pur potendo fare il tiranno andò via dalla patria”. Forse a causa di un tale rifiuto e per le conseguenze politiche che ne derivarono, il nostro poeta abbandonò Reggio e si diede a viaggiare per le città magnogreche e siciliote fino alla Grecia continentale e insulare inaugurando la figura del poeta itinerante e di corte. Il momento più importante della sua vita, ricordato dalle fonti, è comunque il viaggio e il soggiorno a Samo, presso il tiranno Polìcrate. Qualche tempo dopo l’arrivo a Samo di Ibico, negli anni della tirannide di Policrate (533-522 a.C.), dovette giungere nell’isola anche il poeta Anacreonte.
Quanto tempo il nostro Ibico abbia trascorso a Samo non è facile dire. Tutte le testimonianze concordano invece – sia pure con particolari diversi – sulla sua morte violenta ad opera di banditi. Scrive Suda “Aggredito dai briganti in un luogo deserto, disse che le gru, che in quel momento passavano volando, sarebbero state le sue vendicatrici. Ed egli venne assassinato. Dopo di ciò uno dei briganti, avendo visto in città delle gru disse “guarda le vendicatrici di Ibico”. Avendo un tale ascoltato e avendo mosso l’accusa per ciò che era stato detto, fu confessato il fatto e i briganti pagarono la pena. Sicché da ciò è derivato anche un proverbio “Le gru di Ibico”. Quello che le fonti non specificano è la località dove avvenne il misfatto: in Calabria, a Crotone o più verisimilmente a Corinto. Un anonimo epigrammatista dell’Antologia Palatina (VII, 714) parla del sepolcro di Ibico a Reggio ma tale tomba, in realtà, come dimostrato dallo stesso Franco Mosino, potrebbe essere un cenotafio eretto al poeta in età ellenistica.