Ancora un incidente sul lavoro. Ancora una vittima in Calabria. Esprimendo la massima vicinanza alla famiglia dell’operaio deceduto, nel chiedere che forze dell’ordine e magistratura accertino ogni eventuale responsabilità, non possiamo esimerci dal segnalare la necessità del massimo rispetto delle norme di sicurezza che informano il corretto svolgimento dell’attività professionale. Continuiamo a ripeterlo, e vorremmo non doverlo fare più, per fermare questa emorragia è necessario il massimo impegno della politica, delle parti sociali ed imprenditoriali. La politica, però, è poco attenta alle questioni del lavoro e della sicurezza: ci sono 1.200 morti ogni anno, in Calabria in questi ultimi mesi il numero si è amplificato drammaticamente, e noi chiediamo che ci si ponga l’obiettivo di zero morti sul lavoro. Obiettivo che, in splendida solitudine, abbiamo lanciato con la nostra campagna avviata in piena emergenza da pandemia Covid.
Questo è il nostro impegno: continuiamo a rivendicare misure utili per cancellare questa tragedia. Tutto ciò nella convinzione che il tema della sicurezza sul lavoro deve innanzitutto diventare culturale. È necessario aumentare le ispezioni, intervenire sulla sicurezza – anche parlandone nelle scuole – e sulla precarietà. Va fatta – come sostenuto dal Segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri – una operazione verità: quando si violano in modo doloso le norme sulla sicurezza, non possiamo parlare di incidente sul lavoro, ma dobbiamo avere il coraggio di chiamarlo omicidio. Siamo convinti che si debba creare una Procura speciale, chiamata ad occuparsi di sicurezza sul lavoro. Proponiamo, infine, anche l’istituzione del reato di omicidio sul lavoro e una revisione della riforma Cartabia, che accelera la strada per la prescrizione nei processi per incidenti sul lavoro e l’applicazione di una attenzione particolare alla precarietà e all’alternanza scuola-lavoro.