Standing ovation per Remo Girone che sul palcoscenico del teatro Manfroce di Palmi ha vestito i panni di Simon Wiesenthal. Scomparso nel 2005, sopravvissuto ai lager, Simon Wiesenthal aveva dedicato il resto della sua esistenza a dare la caccia ai responsabili dei crimini del regime nazista, consegnandone alla giustizia oltre mille. “Il Cacciatore di Nazisti” è appunto il titolo dell’opera teatrale scritta e diretta da Giorgio Gallione e ispirata alla sua storia. L’intenso monologo interpretato da Remo Girone, noto per il ruolo di Tano Cariddi nella celebre serie televisiva La piovra, è stato proposto nell’ambito della Rassegna Synergia 48, organizzata dell’associazione culturale Nicola Antonio Manfroce, presieduta da Antonio Gargano, e finanziata con l’avviso pubblico Promozione Eventi Culturali 2022 della Regione Calabria.
Rivive con Simon Wiesenthal, la storia dei tanti civili sterminati nei lager nazisti. Tra questi 6 milioni di ebrei. La sua attività di ricerca ha rappresentato un antidoto al negazionismo e all’oblio e anche un contributo essenziale all’affermazione della giustizia. «Se vuoi curare la malaria devi vivere in mezzo alla zanzare, dunque sarei stato molto più utile in Europa dove ho scelto di restare», diceva. Così “il nuovo Don Chisciotte” o “Il James Bond ebreo”, come fu definito, iniziò la sua caccia che fu anche una raccolta di testimonianza perché ricordare era ed è doveroso e necessario.
Nello spettacolo di Giorgio Gallione, interpretato dal magistrale Remo Girone, il racconto avviene a ritroso, pur restando costantemente ancorato alla realtà di una storia che non è completamente finita. La scena è il suo ufficio, che non è solo la stanza e un archivio del Centro di documentazione ebraica da lui fondato ma è anche lo scrigno del dolore e dell’ingiustizia. Lì Simon Wiesenthal/Remo Girone muove i suoi passi nella storia, avvalendosi di libri che legge e di storie che rievoca. Attraverso il celebre e universale diario di Anna Frank, attraverso il diario di Masha Rolnikaite spinta dal dovere urgente di raccontare, attraverso le lettere trovate e custodite e le testimonianze raccolte e documentate, incede il passo nella storia di Simon Wiesenthal/Remo Girone. Un passo che si imbatte in Karl Silberbauer il sottoufficiale della Gestapo responsabile dell’arresto di Anna Frank, in Franz Stangl comandante dei campi di Treblinka e Sobibor estradato dal Brasile, e in Adolf Eichmann l’uomo che pianificò “la soluzione finale”. Estradato dall’Argentina fu imputato in uno dei processi più importanti del secolo conclusosi con la sua condanna a morte per “crimini contro l’umanità”.
“Quali tempi sono questi, quando discorrere d’alberi è quasi un delitto/perché su troppe stragi comporta silenzio!”, questi sono solo alcuni versi della poesia “A coloro che verranno”. Il drammaturgo tedesco, fondatore del teatro epico, Bertolt Brecht la scrisse nel 1939 per lasciare alle generazioni future il testimone del monito degli orrori del nazismo. Un’azione necessaria anche per Simon Wiesenthal/Remo Girone che, attraverso questi versi durante lo spettacolo, propone un viaggio intenso ed emozionante chiamando il pubblico alla responsabilità della memoria. “Non si può affidare tutto ai libri, è necessario diventare testimonianza vivente. È il racconto orale a tenere viva la memoria“, dice. Dunque lo spettacolo diventa un vero e proprio atto di affidamento al pubblico affinché non dimentichi e non consenta ad altri di dimenticare.
“La memoria è fondamentale. Ricordo – racconta Remo Girone – che a scuola la storia si fermava agli inizi della Seconda Guerra mondiale, non arrivava alla Shoah. Invece i giovani devono recarsi ad Auschwitz e devono conoscere l’orrore che è stato perpetrato. Dalla storia si deve imparare anche se non tutti imparano. Ogni spettacolo per me è un tributo a questo dovere di memoria ma è anche un tunnel oscuro e buio dentro il quale devo necessariamente avventurarmi”.
La figura di Simone Wiesenthal è stata per me una scoperta. Non solo il rigore e l’austerità della ricerca ma anche l’ironia e lo spirito di una persona che conosceva l’Italia e che amava il prosciutto e il vino. A Stradella mi capitò di conoscere il figlio di un deportato che era stato in baracca con lui e con il quale era rimasto in contatto. Un incontro che mi permise di conoscere anche questi aspetti di Simon Wiesenthal e che mi ha dato l’onore di essere iscritto all’Associazione nazionale dei deportati Italiani nei campi», racconta ancora Remo Girone che poi si sofferma sul suo rapporto con la Calabria.
“A questa terra ospitale e accoglienza mi lega la profonda amicizia avuta con Pino Sposato, che oggi non c’è più, e con i suoi fratelli di Crotone. Inoltre io sono nato in Africa, in Eritrea. Nel luogo in cui sono cresciuto c’è un solo negozio alimentare che era gestito da un calabrese che si chiamava Romeo. Io ero davvero molto amico del figlio Augusto che ricordo con tanto affetto”, così conclude Remo Girone.