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Reggio Calabria, l’Associazione Anassilaos presenta: “Pasolini e i miti del Novecento”

L'incontro si terrà giovedì 17 marzo alle ore 16:45 presso la Sala Giuffrè della Biblioteca De Nava

di Chiara Cucinotta

L’Associazione Anassilaos di Reggio Calabria sta promuovendo, in sinergia con la Biblioteca De Nava e con il patrocinio del Comune di Reggio Calabria, una serie di incontri in occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Il prossimo, sul tema: “Pasolini e i miti del Novecento” si terrà domani, giovedì 17 marzo alle ore 16:45 presso la Sala Giuffrè della Biblioteca De Nava. Pasolini, uomo simbolo della cultura e dell’arte novecentesca, è passato alla storia per la sua attività di giornalista, scrittore, narratore e poeta, ma ha abbracciato nel corso della sua vita molti altri rami dell’arte, mettendosi in gioco anche come pittore, sceneggiatore, regista, pittore.

L”Associazione Anassilaos, nella propria nota, riporta le parole della Dott.ssa Daniela Scuncia, che ha aperto pochi giorni fa gli incontri sulla figura di Pier Paolo Pasolini, ripercorrendo le fasi più significative della vita dello scrittore: Pasolini “era uno di quegli uomini che ne nascono forse uno ogni secolo, come disse il suo amico Moravia alla sua orazione funebre”.  Egli era uno scrittore, un poeta, un saggista, un autore di teatro, un regista, sceneggiatore, dialoghista, fondatore dell’Accademia di “lenga furlana”.  E’ stato anche un pittore; ha girato documentari per la televisione; scritto  libri di viaggio, sulla poesia, sulla lingua, sul teatro; si è occupato di costume e società,  anzi nei confronti della società del suo tempo fece quasi “da grillo parlante” con i suoi molteplici interventi sul Corriere della Sera, Paese Sera, Il Mondo, l’Espresso e tante altre testate, che provocavano sempre polemiche. E come il Grillo  del Pinocchio di Collodi morì quasi schiacciato dalla sua stessa automobile nella notte tra l’uno e il due novembre del 1975 all’idroscalo di Ostia.  Fu massacrato, lui l’artista sensibile e timido, che di notte viveva quasi un’altra vita andando ad osservare il mondo lontano dalla superficie, quello profondo e violento, quello mascalzone eppure  innocente, il mondo dove consentiva a sé stesso di essere omosessuale.

anassilaos pasolini

Processi e persecuzioni – ha rilevato la Scuncia –hanno accompagnato una vita spinta sempre al limite. Egli non si sottraeva alle polemiche, anzi era spesso al centro di esse  a causa del suo disprezzo del conformismo e del suo stile di vita provocatorio. La sua visionarietà e l’estrema sensibilità con cui coglieva i mutamenti sociali, lo hanno trasformato in un profeta del nostro tempo, a danno del suo più autentico pensiero sempre complesso, articolato, spiazzante. In questi lunghi anni – ha affermato la Scuncia si è assistito a una sorta di beatificazione della sua  figura che alla fine, purtroppo, fa rima con banalizzazione. Rileggere Pasolini è forse il regalo migliore che possiamo concederci oggi. Di particolare importanza per lo scrittore il problema della lingua al quale dedicò  molti interventi sia sul dialetto e che sulla lingua italiana.  Fin dagli  esordi, adotta la poesia dialettale per recuperare il valore semantico e mitico della parola orale.  Egli vedeva nel dialetto l’ultima sopravvivenza di ciò che ancora è puro e incontaminato.

Prosegue la nota dell’Associazione Anassilaos: Nel 1945 fondò l’Academiuta di lenga furlana, una sorta di laboratorio linguistico attraverso il quale cercherà di rendere onore al friulano occidentale, fino ad allora realtà linguistica soltanto orale. Molti sono  i testi in cui l’autore ripercorrerà le origini storiche, geografiche e culturali della tradizione orale. Fondamentale l’articolo Nuove questioni linguistiche apparso sulla rivista Rinascita nel 1964 che diede il via a un acceso dibattito tra gli intellettuali del tempo (Umberto Eco,  Maria Corti, Arbasino, Dante Isella, Moravia, Calvino. Secondo Pasolini, proprio nei primissimi anni Sessanta era nato l’italiano “come vera lingua nazionale”. Il fondo unificatore non è più il latino ma quella lingua “tecnologica” espressione di una classe dominante, formatasi nelle industrie del Nord Italia, che tende a – e ha la forza di – identificarsi con tutta intera la società.

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