“Non sono mai tornata indietro” vince al Biografilm Festival di Bologna. Il documentario di Silvana Costa – prodotto da Nacne, in collaborazione con Home Movies – Archivio nazionale del cinema di famiglia, con il supporto della Fondazione Calabria Film Commission e del M.I.C. – ha, infatti, ricevuto il Best Film BPER Award, premio della giuria al miglior film del Concorso Biografilm Italia.
La giuria, composta da Antonella Di Nocera, Francesca Sofia Allegra e Anita Rivaroli ha così motivato la sua scelta: “Per la capacità di condurre attraverso una storia personale il racconto di una relazione che fa dialogare più generazioni di donne, con naturalezza e precisione nello sguardo. Per la semplicità con cui la regista si mette in gioco in una narrazione insieme acerba e potente, fatta di assenze e lontananze, che ci fa attraversare un territorio e un pezzo di storia del nostro paese. Per la scelta coraggiosa di riflettere sulla condizione umana di chi fugge ma resta prigioniero, lasciando allo spettatore lo spazio di potersi ancora interrogare”.
La giuria, composta da Antonella Di Nocera, Francesca Sofia Allegra e Anita Rivaroli ha così motivato la sua scelta: “Per la capacità di condurre attraverso una storia personale il racconto di una relazione che fa dialogare più generazioni di donne, con naturalezza e precisione nello sguardo. Per la semplicità con cui la regista si mette in gioco in una narrazione insieme acerba e potente, fatta di assenze e lontananze, che ci fa attraversare un territorio e un pezzo di storia del nostro paese. Per la scelta coraggiosa di riflettere sulla condizione umana di chi fugge ma resta prigioniero, lasciando allo spettatore lo spazio di potersi ancora interrogare”.
“Un importante riconoscimento, dunque, per il documentario di Silvana Costa – ha dichiarato Anton Giulio Grande, Commissario Straordinario della Fondazione Calabria Film Commission – siamo felici per un risultato che segna con merito l’esordio della regista”.
Il documentario racconta la storia di Iolanda, una delle ultime testimoni di un’usanza arcaica e impietosa: la cessione di bambine provenienti da famiglie contadine povere a famiglie benestanti, affinché venissero vestite e sfamate in cambio del loro lavoro in casa o in campagna. Iolanda era la ragazza che ha lavorato per 36 anni a servizio per la famiglia della regista, prima di fuggire in Canada.
Il documentario racconta la storia di Iolanda, una delle ultime testimoni di un’usanza arcaica e impietosa: la cessione di bambine provenienti da famiglie contadine povere a famiglie benestanti, affinché venissero vestite e sfamate in cambio del loro lavoro in casa o in campagna. Iolanda era la ragazza che ha lavorato per 36 anni a servizio per la famiglia della regista, prima di fuggire in Canada.