Gli obiettivi dichiarati dai vertici aziendali, le aspettative delle istituzioni, in particolare sulla politica di assunzioni e corsi di formazione adoperata in questi mesi, sono palesemente in contraddizione con la realtà attuale. Di fatto, all’interno del terminal si lavora su un enorme numero di contenitori vuoti, tanto da dover occupare anche i vasti spazi dell’interporto. Un’altra contraddizione riguarda quella dei lavoratori che arrivano davanti ai tornelli aziendali e di tutto punto rispediti a casa, attraverso una comunicazione di flesso operativo che non rispetta i termini contrattuali, considerato l’abbondante ritardo nella comunicazione.
Nessun chiarimento, nessuna rassicurazione, neanche un breve comunicato da parte di chi rappresenta la proprietà aziendale, la quale sfrutta una posizione sempre più dominante vista la confluenza del Terminal nelle medesime mani dell’armatore. Il tutto mentre i rappresentanti dei lavoratori, quelli selezionati e riconosciuti dall’azienda come interlocutori, stentano a farsi ascoltare nelle assemblee, queste sconosciute, nonostante si leggono comunicati di trattative in corso per il rinnovo del contratto integrativo. L’immagine che viene in mente è quella dell’orchestra che continua imperterrita a suonare sul Titanic mentre affonda. Ci aspettiamo che almeno l’autorità di sistema portuale, almeno questa volta, vada oltre i formali comunicati stampa per assumere quel ruolo di garante dello sviluppo dell’area portuale che le compete, prendendo anche atto che i lavoratori portuali non chiedono altro che poter lavorare onestamente e serenamente con la certezza del futuro. Perché non vorremmo che qualcuno si giri dall’altra parte per farci rivivere un nuovo 2017.