Avvolti in coperte termiche e lo sguardo fisso nel vuoto. Questa l’immagine dei superstiti del naufragio avvenuto sulle coste di Cutro alle quattro del mattino di domenica 26 febbraio: ottanta in tutto i superstiti di cui ventidue ricoverati in ospedale. Provenienti da Iraq, Afghanistan, Iran, hanno percorso la rotta turca su un caicco che si è sgretolato contro una secca a un centinaio di metri dalla riva della frazione Steccato. Le vittime accertate sono sessantadue e tra queste quattordici bambini di età compresa tra i tredici anni e i diciotto mesi. Una madre che cerca sulla spiaggia il suo bambino, don Rosario Morrone – parroco di Botricello – benedice le salme restituite dal mare implorando ai governi che si prodighino ad arrivare prima che arrivi la morte e non più tardi perché inaccettabile è assistere a questo strazio. Questa mattina il corpo di un uomo è stato trovato sulla spiaggia ad alcune centinaia di metri dal luogo del disastro; un altro recuperato in mare a circa 400 metri dalla riva da una motovedetta della Guardia costiera ed il terzo a Le Castella, a 3,5 miglia marine dal luogo dell’incidente, ma si teme il numero sia destinato a salire nelle prossime ore. Bandiera a mezz’asta a Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale della Calabria. Da Emergency a Save the Children le organizzazioni umanitarie si chiedono perché l’Europa debba essere raggiunta via mare da chi cerca asilo, con tutti i rischi che ne conseguono. Il barcone, partito cinque giorni fa da Izmir, in Turchia è stato intercettato nella serata di sabato da un aereo di Frontex. Pronte a soccorrerlo due unità della Guardia di finanza, subito costrette a rientrare per le pessime condizioni del mare. Poi la telefonata, proveniente probabilmente dalla stessa imbarcazione, ha provato a dare l’allarme alla Guardia di finanza di Vibo Valentia; giunti sul posto i soccorritori non hanno potuto far altro che constatare con sgomento la tragedia. Molti non sapevano nuotare, il mare era impetuoso e freddo. Nel frattempo sono stati rintracciati i tre scafisti – uno di nazionalità egiziana e gli altri due turca – per i quali sono ipotizzati i reati di omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dopo il momento della preghiera e del silenzio, si attende un ripensamento sulle misure restrittive che, frenando gli interventi di salvataggio, demoliscono il diritto all’esistenza e alla costruzione di un futuro possibile.
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