L’associazione culturale Le Muse “Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria continua i suoi appuntamenti con cadenza settimanale anche in occasione della “Giornata o Festa del Papà”, ricorrenza civile diffusa in alcune aree del mondo, celebrata in onore della figura del padre, della paternità e dell’influenza sociale dei padri.
In apertura di manifestazione il presidente prof. Giuseppe Livoti ha fatto memoria dell’antica tradizione – culto che si sviluppò fin dal V secolo in certi monasteri egiziani dove fu scritta la storia apocrifa di Giuseppe il falegname e dove la sua festa fu fissata al 20 luglio. Il culto di questo santo si diffuse anche intorno alla “casa di Giuseppe” almeno dal VI secolo e decadde alla fine dell’Alto Medioevo. La sua festa del 19 marzo appare per la prima volta nell’anno 800 in un martirologio gallicano scritto da Rheinau, in cui è chiamato Ioseph sponsus Mariae (“Giuseppe sposo di Maria”). Per questo appuntamento non si poteva non ricordare un calabrese, una storia dimenticata, tutti i sacrifici, le sofferenze di un giovanissimo diventato padre e uomo maturo in occasione di una lunga prigionia durante la seconda guerra mondiale. E proprio per questo la serata ha visto un racconto storico, umano e psicologico di Biagio Monteleone personaggio che oggi rinasce a nuova vita in occasione della pubblicazione di “Behind the fence – dietro la recinzione”. Biagio Monteleone nacque a Scido il 16 dicembre del 1914 in provincia di Rc, figlio del farmacista Antonino e di Faustina Loteta. Dopo il ginnasio inferiore frequentò il ginnasio superiore al seminario salesiano di Bova marina ed al Regio Ginnasio di Locri e Gerace. Conseguì la licenza classica al “Tommaso Campanella” di Rc e si iscrisse alla Facoltà di Materie Letterarie all’Università La Sapienza di Roma. Durante gli studi fu chiamato alla visita come soldato di leva nella marina militare e riformato una prima volta per costituzione magra. Su sua domanda fu visitato nuovamente nel 1939 e, nonostante fosse figlio unico di madre vedova, partì per la guerra come volontario. Fu catturato dagli inglesi e ceduto agli americani che gli diedero il numero di prigionia 8wI – 30961 MI. Con la liberazione rientrò in Italia e concluse i suoi studi universitari nel 1948, alla facoltà di materie letterarie di Messina. Conseguita l’abilitazione all’insegnamento, insegnò alle scuole elementari e ottenne la cattedra di materie letterarie presso il ginnasio inferiore di Scido, dove insegnò per oltre quarantanni. La prof.ssa Antonella Mariani – Delegata Muse Linguaggi Espressivi ha sin da subito evidenziato che da questo diario biografico, emerge l’identità di un uomo meridionale che fa evincere le differenze delle prigionie nelle varie zone d’Italia. Un libro che è un atto d’amore che le figlie Miranda e Fausta hanno voluto trascrivere da tre quaderni arrivati fino ad oggi, testi dove si evince la figura di un padre che era ed è stato uomo di sostanza e cultura abbracciando la madre patria e lasciando, pur essendo figlio unico di madre vedova, la propria famiglia. Un figlio che è anche padre, che sente la necessità di essere utile. Arruolandosi volontariamente riesce nonostante la prigionia ha trovare nei libri continua la prof.ssa Mariani una – benedetta mania-. Il nutrimento spirituale utile e necessario a vivere prima da ragazzo e poi da giovane uomo, il tutto scritto con un linguaggio scarno, oscuro e militaresco. La dott.ssa Elisa Mottola – psicologa ha fatto una disamina sul ruolo dei padri di un tempo e quelli di oggi, evidenziando come il potere delle relazioni coniugali è affidato proprio alla figura paterna. Il papà è simbolo dell’autorevolezza. Chi rimane figlio ha difficoltà di diventare padre e Biagio Monteleone con le sue scelte di vita ha dimostrato un grande senso di maturità e di unione lui, che da figlio senza padre, ritornando dalla guerra ha costruito il mondo dei propri affetti. La generazione dagli anni ‘50 in poi ha pianificato la vita dei propri figli, svincolandoli dalle sofferenze e dando loro le scelte migliori. Un tempo – continua la Mottola – i giovanissimi erano educati a Dio alla famiglia ed alla patria ed avevano altro carattere. Il primo cittadino di Scido dott. Giuseppe Zampogna sin da subito ha ribadito come la Calabria ha avuto uomini che sono stati valorosi ed identitari così come la stessa cittadina di Scido spesso ricorda. La serata proposta dalle Muse mette in evidenza, un cittadino illustre che troverà posto non solo nella nostra storia locale ma nella nostra toponomastica cittadina e dunque dedicheremo una strada a questo giovane valoroso. Scido è cittadina posta nel cuore dell’Aspromonte, delimitata dalle due fiumare Cresarini e Pietragrande. Adagiata su un triangolo pianeggiante tra dense e vaste distese di ulivi secolari circondato da colline vive negli ultimi 14 anni di una rinascita grazie ad un rapporto con i cittadini ed un recupero di beni monumentali come la Chiesa Parrocchiale di San Biagio che custodisce al suo interno due preziose statue marmoree della scuola del Gagini risalenti al ‘700 circa: la statua della Madonna del Soccorso e di Santa Caterina d’Alessandria, il Palazzo Ruffo con annesso Museo ed ancora la riqualificazione di alcune piazze come il monumento ai caduti realizzato dallo scultore Cosimo Allera. Lo scultore Allera si è soffermato sui suoi interventi sulla scultura che da novembre sorge nell’omonima piazza. Un soggetto che nella sua iconografia identifica tutti i soldati, quelli del riscatto e dell’unità nazionale, la stessa unità che si traduce nella grande bandiera che sostiene in cui è chiaro il riferimento alle tre virtu’ teologali o ancora al verde della macchia mediterranea, al bianco delle fede al rosso del sacrificio. Un’opera che si aggiunge al lungo percorso artistico dello scultore come il crocifisso di Paravati o ancora l’omaggio a Carlo Acutis in Val di Fiemme.
A fine serata scandita dalle letture di parti inedite del diario dalle voci di Clara Condello, Mimma Conti, Sonia Impalà, Santina Milardi, Carla Passanti, la dott.ssa Carmen Miranda Monteleone – medico e figlia di Biagio ringraziando tutti per la serata e la proposta di intitolazione di una strada ha evidenziato come occorre fare memoria dei papà di un tempo perché senza di loro non avremmo esempi emblematici da presentare alle generazioni future, modelli di paterna vigilanza e di provvidenza.