A quasi due mesi dalla tragedia di Cutro, in cui almeno 94 persone hanno trovato la morte in mare, dopo aver affidato le proprie speranze e il proprio futuro ad un barcone, vengono a galla altri inquietanti particolari sulla vicenda. Un uomo iraniano, Rezappourmoghaddam Motjabur, miracolato superstite di quel viaggio inumano, è stato ascoltato in qualità di Teste nel corso dell’incidente probatorio a carico dei presunti scafisti, presieduto dal giudice Michele Ciociola.
L’uomo ha rilasciato una preziosissima testimonianza lunga oltre due ore, accusando senza alcun timore quegli stessi uomini quali responsabili della tragedia, guardando negli occhi i presenti, ma ascoltato anche dal terzo indagato, collegato in videoconferenza dal carcere di Graz, in Austria e per il quale il 24 aprile si terrà l’udienza per l’estradizione.
Motjabur ha chiesto loro: “Per una imbarcazione che valeva al massimo 20 mila euro, che volevate riportare in Turchia, avete fatto morire donne e bimbi innocenti per guadagnare milioni di euro. Come fa la vostra coscienza a stare tranquilla?”.
Rispondendo alle domande del pm Pasquale Festa e degli avvocati delle parti, l’uomo ha raccontato il viaggio fin da prima della partenza, indicando chiaramente gli imputati quali coloro che hanno condotto l’imbarcazione fino alla costa calabrese, dove è poi avvenuto il tragico naufragio.
Anche con l’aiuto di un album fotografico, Motjabur è riuscito a indicare uno per uno tutti i responsabili, associandovi i rispettivi ruoli a bordo. I comandanti sono così risultati essere il turco Gun Ufuk già arrestato in Austria, il siriano deceduto e un’altra persona ancora irreperibile. Gli indagati Khalid Arslan ed il minore, invece, avrebbero avuto funzione di intermediari a bordo, col compito di tradurre gli ordini e mantenere l’ordine.
Girati spot promozionali come su una nave da crociera
L’ennesimo racconto di quella tragica notte è stato preceduto da un altro aneddoto inedito: come si trattasse di una nave da crociera, durante la traversata gli scafisti hanno ordinato all’equipaggio di partecipare a un vero e proprio spot promozionale, inneggiando all’organizzatore, proprietario di una sorta di agenzia viaggi in Turchia. Una vera e propria campagna per incentivare i viaggi della morte a basso costo, come definita dal capogruppo di FdI alla Camera dei deputati Tommaso Foti.
Il racconto della tragica notte del naufragio
Infine, Rezappourmoghaddam Motjabu ha raccontato ai giudici di Crotone la sua versione dei fatti di quella tragica notte: “Quando chiedevamo di chiamare la polizia ci dicevano che dovevano far tornare la barca in Turchia. La tempesta era forte, era pericoloso abbiamo pensato di morire. L’acqua entrava dagli oblò. Non so quante ore siamo stati in quelle condizioni di pericolo, forse 10. Ma il problema non è stato il mare, è stata la secca contro cui è finita l’imbarcazione. Io ero seduto dentro proprio dove c’è stato l’impatto. L’acqua ha iniziato a entrare e donne e bimbi piangevano. Sono andato verso la scaletta per uscire in coperta ma c’era tanta gente che diceva che non davano il permesso di salire. Quando sono arrivato su avevo già l’acqua alla gola. Ho cercato di aggrapparmi alla cabina di comando ed ho visto uno degli scafisti che rompeva il vetro della cabina per scappare. Poi ho visto molti cadaveri. Mi sono aggrappato ad un pezzo di legno. Le onde erano alte. Aspettavo solo la morte. Poi un’onda molto forte mi ha catapultato sulla spiaggia. Non sono stato in acqua molto tempo, ma è stato comunque lungo come un’intera vita“.
L’uomo ha raccontato di aver visto delle luci spiegando che erano come dei segnali che indicavano dove andare. Non ha saputo dire se si trattava dei soccorsi. “Sulla spiaggia ho visto solo tre delle persone che stavano nella cabina con i capitani, mentre i capitani non c’erano più“. L’uomo non ha saputo dire se gli scafisti abbiano usato un gommone o altri mezzi. Ha raccontato che “tre sono arrivati sulla spiaggia dopo di noi, anche loro erano impauriti e tremavano di freddo, ma quando le persone li hanno individuati hanno cercato di aggredirli perché avevano fatto morire i loro parenti. C’erano già le forze dell’ordine presenti che hanno fermato l’aggressione“.
La prossima udienza dell’incidente probatorio è stata fissata per il 26 aprile.