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Guidare e morire a Reggio Calabria: quei rischi accettati e gli sguardi altrove

Ogni anno sono centinaia gli incidenti registrati sulle strade della Calabria. Un rischio che tutti scelgono di accettare, ma che ancora non trova soluzione

di Chiara Cucinotta

Morire alla guida: un rischio che va accettato ogni volta che si decide di salire in auto, si chiude la portiera e si allaccia la cintura. Posto di guida o passeggero, poco cambia. Non si sa mai se quel tragitto, fatto miliardi di volte, nasconderà qualche tragica insidia. Ma comunque, si gira la chiave e si parte.

Notizia di ieri. Si chiamava Caterina, aveva 39 anni e si trovava in auto con i due figli: Giusy, di 13 anni, e il fratellino Giovanni di 11. Stavano percorrendo in auto la strada provinciale che da Bovalino conduce a Natile, nella parte ionica della provincia di Reggio Calabria, quando l’utilitaria è uscita fuori carreggiata, precipitando in una scarpata profonda circa 3 metri.
L’intervento immediato dei sanitari del 118, dei Vigili del Fuoco di Bianco e Siderno ha consentito l’estrazione dei passeggeri e la messa in sicurezza dell’autovettura ma, purtroppo, per la madre e il piccolo Giovanni era già troppo tardi. Il forte impatto ne ha provocato la morte sul colpo, mentre la ragazza si trovava ancora in vita, sebbene in gravissime condizioni. Recuperata dall’elisoccorso che avrebbe dovuta trasferirla nell’ospedale di Locri e poi al GOM di Reggio Calabria, anche la piccola Giusy si è spenta prima ancora di raggiungere il nosocomio reggino.

Notizia del mese scorso. Tre cacciatori di Reggio Calabria, Domenico Battaglia, Santo Marcianò e Antonio Carriago, hanno trovato la morte sulla Statale 106 a Crotone, in contrada Poggio Pudano. I primi due si sono spenti sul colpo, mentre Antonio, il più giovane, è stato estratto vivo dalle lamiere per poi spegnersi una volta giunto in ospedale.  L’auto sbanda, finisce fuori strada e vola in un fossato di raccolta delle acque profondo quasi dieci metri.

E ancora, Saline joniche. Una motoape e un’Alfa Romeo 147 si scontrano, portando alla morte Giovanni Bevilacqua e la moglie Rosa Amato. Il primo, deceduto sul colpo, mentre la coniuge si è spenta in ospedale, dove era stata trasportata in elicottero.

E poi Riace. Un morto e cinque feriti il bilancio di uno scontro tra tre auto: una Fiat Panda, una Mercedes e una Citroen.  Aurelio Giorgi, 47enne residente a Bovalino, è morto dopo essere arrivato in ospedale a causa dei traumi dovuti all’impatto.

Ma basta fare un giro sulla pagina Facebook “Basta Vittime sulla S.S. 106” per rendersi conto di quante volte, ogni mese, sia necessario stringersi in lutto alle famiglie, per il verificarsi di un qualche incidente mortale nelle strade della Calabria.
Una situazione di pericolo nota a chiunque risieda in questa terra, da Reggio Calabria a Crotone, da Cosenza a Vibo Valentia, fino a Catanzaro.
Un’emergenza dovuta spesso a una fisionomia delle strade troppo vetusta, per la quale la Regione Calabria ha già annunciato l’intervento grazie ai fondi del PNRR. La maggior parte delle volte, teatro dei decessi per incidenti stradali sono proprio i 491 km della S.S. 106, da tutti i calabresi conosciuta, non a caso, come “Statale della morte“.

Guidare in Calabria, dunque, vuol dire ancora di più che in altre parti d’Italia accettare il rischio di andare incontro alla morte. E nonostante tutti ne siano a conoscenza, ancora sono troppi gli sguardi volti altrove, gli occhi chiusi e l’indifferenza. Troppi gli incidenti senza spiegazione, troppe le dinamiche ripetute, troppe le famiglie distrutte, troppe le bare benedette.
Quello che viene da domandarsi, tuttavia è: se non bastano i necrologi e le nostre puntuali pagine di cronaca a sollecitare gli interventi e a far preoccupare tutte le personalità predisposte, affinché si attivi ogni azione necessaria alla messa in sicurezza delle arterie più pericolose, cosa serve?
Probabilmente solo un po’ di umanità in più.

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