Sul rischio idrogeologico, senza voler fare terrorismo mediatico, la Calabria è da bollino rosso. A darne conferma è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che ha analizzato i diversi indicatori di rischio e sottoposto a revisione annuale il suo Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia.
Il dato che ne viene fuori è disarmante e, allo stesso tempo, allarmante. La conformazione morfologica, gli effetti del cambiamento climatico e di alcuni episodi gravi di mutamento dei territori (come gli incendi estivi che hanno falcidiato le montagne calabresi nel 2021) sono tra gli indicatori che collocano la Calabria tra le regioni più a rischio. L’Emilia-Romagna è la prima regione per quota di terreno a rischio. Ma la Calabria è quella più esposta allo scenario di pericolosità elevata.
La Calabria ha attualmente un commissario per il contrasto al dissesto idrogeologico. Una struttura commissariale, però, praticamente vuota: stiamo parlando di 478 milioni di euro che, secondo quanto riporta il cruscotto del sito governativo Opencoesione, sono terribilmente fermi al palo.
Il commissario Nardi, dal canto suo, sostiene che il sito non sia aggiornato. Questo perché è alimentato dai dati che invia la stessa Regione e, vista la carenza di organico, l’invio non sempre avviene con la dovuta puntualità. In proposito quindi ha fornito i dati aggiornati al 31 dicembre 2022 che in effetti divergono leggermente da quelli pubblicati, ma nella sostanza confermano la grande difficoltà a spendere quelle risorse.
Secondo l’ufficio del commissario su 347 interventi ne sono stati conclusi e collaudati 127 mentre 220 sono in corso. Tutto questo porta al fatto che dei 478 milioni ad oggi ne sono stati spesi 147 con una percentuale della spesa che si aggira sul 31%.
Paradossalmente, però, tra i fattori congestionanti dal punto di vista procedurale, secondo la Corte dei conti – che recentemente ha reso noti i risultati di un’indagine sullo stato di attuazione del Piano per la mitigazione del rischio idrogeologico (Dpcm 20 febbraio 2019) c.d. “ProteggiItalia” – sono proprio quelle gestioni straordinarie e commissariali che avrebbero invece dovuto velocizzare gli interventi.
Una regione come la Calabria, però, ha bisogno di una manutenzione costante del territorio, perché spesso gli eventi alluvionali diventano catastrofici. Tragedie che magari potrebbero essere prevenute con piccoli interventi. Servono dei presidi con il compito di monitoraggio continuo. Nel Pnrr sono stati stanziati 500 milioni per portare a compimento un attento lavoro di monitoraggio. Dobbiamo ammettere che si tratta di una somma bassa per la Calabria, per fare prevenzione, ma siamo convinti che debba essere utilizzata.
Bisognerebbe fare una progettazione di interventi che abbiano alla base una valutazione aderente alla realtà sulle aree dove è necessario intervenire con priorità, nella convinzione che per avere un quadro preciso dello stato dell’arte vi sia bisogno della collaborazione dei sindaci, di tecnici esperti e degli ordini professionali in modo da poter intervenire secondo linee guida chiare.
Il contrasto al dissesto idrogeologico richiede investimenti e risorse, nonché provvedimenti di lungo respiro. Il governatore Roberto Occhiuto ha mosso i primi passi in questa direzione incontrando i sindaci e incassando dal governo 440 milioni di euro, previsti nella Manovra licenziata del Consiglio dei ministri, spalmati in 3 anni, per prevenire e mitigare il rischio idrogeologico e idraulico. Primi passi, ma occorre celermente fare molto altro per mettere in sicurezza la Calabria e dotarla di un sistema di prevenzione efficiente e funzionale.
Ma non solo. In questa regione non è più rinviabile il potenziamento della macchina amministrativa locale e regionale. Diciamo questo nella convinzione che in Calabria ulteriori problematiche irrisolte siano rappresentate dalla scarsa capacità progettuale della Regione, amplificata dalla carenza di profili tecnici e dalla scarsa pianificazione sul territorio. Territorio che non è in grado di far fronte alla progettazione e alla cantierizzazione sollecita degli interventi.
Cantierizzazione degli interventi, giova rammentarlo, che è demandata in massima parte ai Comuni, e marginalmente alle Province: enti che molto spesso, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, non dispongono delle risorse umane, tecniche ed organizzative per avviare, gestire e monitorare i lavori. Questo determina una assurda situazione di stallo.
È la burocrazia ad impedire solleciti interventi: si fatica a trasformare programmazioni e progettualità in lavori concreti per il contrasto e la prevenzione del dissesto idrogeologico, sempre più un’emergenza nazionale. E anche sul potenziamento della macchina burocratica si gioca una partita importante per evitare alla Calabria di dover registrare una catastrofe idrogeologica inaccettabile.