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L’Epidus: un superbo Barbiero diverte e coinvolge il pubblico del Metropolitano portando in scena l’Opera di Testori

L'attore, per la V edizione del Balenando in Burrasca, ha portato in scena venerdì l'Opera di Testori tra il pubblico divertito e coinvolto

di Sebastiano Plutino

Un capocomico, che si ritrova da solo a portare in scena la tragedia di Sofocle, abbandonato dalla sua compagnia, un attore solo che deve ricostruire da solo uno spettacolo. Stessa solitudine vissuta in prima persona dal protagonista «La solitudine è un po’ la cifra che ho sentito, proprio come il vecchio capocomico lasciato da solo ad interpretare una tragedia di cui ha capito poco confondendo per questo i personaggi con gli attori» afferma il protagonista Silvio Barbiero, una delle voci più rappresentative del teatro contemporaneo,

Questa la trama dello spettacolo “L’Epidus”, interpretato da un superbo Silvio Barbiero, andata in scena venerdi alle 21 al Cine Teatro Metropolitano di Reggio Calabria. Testo tragicomico tratto dall’Opera di Giovanni Testori, in occasione del centenario dalla nascita che, come nel suo stile, porta il suo pubblico a sorridere e riflettere. Riflettere, sorridendo.

«La forma più seria di riflessione, a mio avviso, parte sempre da un sorriso. Questo di Testori è un testo che ho dolorosamente dovuto ridurre perché i tempi sono cambiati e quindi un monologo che negli anni ’70 poteva durare tranquillamente non meno di due ore e mezza oggi sarebbe insostenibile» precisa Barbiero. «Nel testo si sorride per le sorti di questo capocomico che è stato abbandonato dalla sua compagnia e che nella sua percezione confonde i personaggi con gli attori, quindi in qualche misura per lui l’attore che interpretava il Laio si confonde con il personaggio stesso, se la prende con l’attore parlando al personaggio», racconta il protagonista Silvio Basrbiero. Un capocomico, E dipus, infatti, non è un uomo travagliato dal dolore per l’uccisione del padre e l’incesto con la madre, bensì un uomo felice e un amante soddisfatto, in una rivisitazione animata da una crescente satira che si oppone radicalmente all’ordine costituito. Un testo che rappresenta la commistione di poesia e materia tipica di Testori di cui quest’anno ricorre il centenario.

Al contempo, però, continua Barbiero, si riflette. «Nella visione di Testori infatti il Laio è un gestore del potere teocratico nel senso che in lui si fondono insieme sia il potere temporale che quello spirituale, cosa che stiamo vedendo in questi giorni quanto risuona reale e attuale, la confusione tra religione e potere, giustifica ancora conflitti sanguinosissimi, quindi, è di un’attualità spaventosa e laddove non ci sono conflitti di sangue, come può essere in altri paesi, ci sono conflitti morali che riguardano ancora più da vicino questa confusione, l’uso distorto della morale, il riprendere vigore di determinate forme di moralismo».

Un’opera degli anni ’70 quella di Testori, in cui c’era quella temperatura culturale adatta, mentre oggi quello che «che per me è un genio assoluto non viene proprio rappresentato e la sua totale assenza dalle scene è il segno più evidente della qualità di quest rincara Silvio Barbiero.

Perché diciamo la verità Testori con i suoi testi «non innocui – è – un autore scomodo».

Anche l’Edipus, «ha dei momenti sgradevoli, com’è giusto che sia. Il teatro non deve andare incontro al gusto del pubblico, perché altrimenti così il pubblico lo tradisci, il nostro compito è quello di articolare il gusto del pubblico quindi anche proponendo delle cose che magari lì per lì lo infastidiscono» continua l’attore. Ad esempio, la rilettura del mito. «Nel plot di Sofocle, Edipo inconsapevolmente incontra il padre e lo uccide, quello che succede ad Edipo è il simbolo dell’ineluttabilità del destino, nella lettura di Testori, invece, Edipo torna a Tebe per vendicarsi del padre, perfettamente consapevole. E tutto quello che fa lo fa consapevolmente e fa delle cose veramente atroci…».

Una metafora della gestione del potere e della società attuale di oggi. Sulle emozioni e sensazioni pre spettacolo in riva allo Stretto però Barbiero non si sbilancia anche perché, «invecchiando vedo tutto filtrato dai miei occhi e tendenzialmente mi pento di quello che dico nell’arco di pochissimo tempo. Non ho più tanta fiducia nella capacità della parola, preferisco usare le parole dei miei personaggi».

L’attore esibitosi sul palco del Metropolitano è nato ad Udine da genitori campani ma, poi cresciuto a Pesaro e formatosi a Padova, laureandosi in filosofia, Non da sempre un artista, attore, infatti Barbiero ha un passato nelle volanti della polizia di Stato, «dieci bellissimi anni vissuti con abnegazione e serietà» che «ti mettono in contatto con il side B della società relativizzando tanti atteggiamenti ideologici per restituire una visione più chiara della società e delle sue contraddizioni».

Successivamente il teatro è tornato ad impossessarsi di lui, stregarlo, rapirlo, ossessionarlo, ha rifatto prepotente capolino perché è uno «stalker» dal quale non riesce a liberarsi, lasciando con coraggio, spinto dall’irrefrenabile passione, la sicurezza del posto fisso “il comfort dello stipendio”, provando anche da tante esperienze in tv (da Rai cinque a Sky comedy central e Mediaset), “trasmissioni di pura evasione”, ma si è presto allontanato anche da quest’ultime, aprendo un circolo a Padova, uno spazio Arci, “Carichi sospesi”, tutt’ora attivo, per chiudere il cerchio dove era più naturale, “obbligato”: tra le braccia del suo “persecutore”, entrando nella «serie A» del teatro a Roma e innamorandosi del suo “aguzzino” come nella sindrome di Stoccolma, dedicandovisi completamente.

«Il teatro per me è uno stalker, un qualcosa che da sempre continua a starmi addosso, che alla fine ti rendi conto che non puoi farne a meno, è una passione, laddove di solito per passione si intende una cosa positiva» ammette infatti Barbiero. «Tornando rapidamente alla Polizia, è un lavoro che ho fatto come si fanno tutti quanti i lavori, la mattina ti svegli, fai il tuo turno, per quanto io lo vivessi con grande serietà ed abnegazione, però quando hai finito di lavorare ti togli diciamo tutte le preoccupazioni e ti dedichi alla tua vita privata. Col teatro questa cosa è già molto più sfumata, più difficile, io non riesco mai a staccare del tutto la testa, sono sempre lì, dietro un libro che leggo ci trovo sempre una storia che si può raccontare, e alla fine il punto è che non riesci mai a liberartene, però poi, di contro, ti regala un’intensità, una pienezza di vita a cui è difficile rinunciare» spiega ancora l’attore.

Una cifra recitativa la sua definita “autentica e schietta”, quella di un professionista che lavora molto «sulla deformazione – su – gigantesche maschere dietro alle quali c’è molta verità». Come «nei lunapark dove c’è la casa delle streghe con gli specchi deformanti, è un po’ quella la sensazione». I suoi sono personaggi schietti anche perché lavora molto «con lingue inventate, da questi drammaturghi, da questi scrittori, e il meccanismo della lingua inventata permette a chi scrive e, naturalmente, a chi interpreta di dire cose che in italiano sarebbero altrimenti irricevibili».

Serata inserita all’interno del calendario nazionale di eventi per la celebrazione del Centenario dalla nascita di Giovanni Testori, curata dell’Associazione Giovanni Testori, titolare dei diritti dello scrittore e custode del suo Archivio e della sua Biblioteca, insieme all’Associazione Casa Testori che gestisce la sua residenza natale a Novate Milanese. Serata che aveva già  avuto un’introduzione il 2 novembre alle 18 presso la Libreria Nuova Ave Ubik dove si è riflettuto sulla “poetica” di Giovanni Testori con l’attore Silvio Barbiero, la poeta Cinzia Messina e la scrittrice Katia Colica.  

Balenando in Burrasca Reading Festival, V edizione, fa parte dei Progetti Speciali 2023 Teatro del Ministero della Cultura Direzione Generale Spettacolo.

 

 

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