Beni per 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a tre imprenditori operanti nel settore del commercio dei prodotti petroliferi e coinvolti nel processo “Andrea Doria”, nato dal filone reggino della maxi-inchiesta “Petrolmafie”.
Il provvedimento, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Dda di Reggio Calabria, è stato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale e dello Scico nei confronti dei fratelli Giovanni e Domenico Camastra, di Locri, rispettivamente di 60 e 53 anni, e di Antonio Casile, di 55 anni, di Reggio Calabria.
Il sequestro è stato eseguito in Calabria, in Piemonte, Lazio e a Monaco di Baviera.
Tutti e tre sono attualmente sotto processo. Nell’aprile 2021 erano stati, infatti, arrestati nel blitz disposto dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo che, in seguito agli accertamenti della guardia di finanza, riuscirono a svelare un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata, secondo l’accusa, su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’Iva e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità. L’associazione avrebbe anche gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo una serie di operatori economici – imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali – con lo scopo di evadere le imposte in modo sistematico.
Le società “cartiere” sostenevano fraudolentemente, secondo l’accusa, di possedere tutti i requisiti per beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa, acquistando il prodotto petrolifero senza applicare l’Iva. Il prodotto, grazie a meri passaggi “cartolari” tra le società coinvolte, veniva poi ceduto a prezzi concorrenziali ad individuati clienti, ai danni degli imprenditori onesti.
Infine, il sistema di ripulitura degli incassi sarebbe avvenuto anche tramite famiglie di ‘ndrangheta portatrici di interessi nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi.