“Eravamo in acque internazionali quando abbiamo eseguito il soccorso di 77 persone. Avevamo avvisato sia il centro coordinamento soccorsi libico che quello italiano che stavamo intervenendo.
Siamo arrivati lì per primi. Quello che ci contestano le autorità italiane non è corretto”.
Lo sostiene Laura Gorriahn, portavoce di Sos Humanity, l’ong tedesca proprietaria della nave Humanity1 sottoposta a fermo amministrativo a Crotone perché, nel salvare 77 migranti, sbarcati nel porto calabrese due giorni fa, avrebbe violato le norme del decreto Piantedosi.
Gorriahn, era a bordo della Humanity 1 quando, sabato scorso, hanno prestato soccorso ad alcuni barchini nel Mediterraneo: “Abbiamo ricevuto la segnalazione delle barche in difficoltà dal velivolo SeaBird2 e confermato tramite e-mail alle autorità italiane e libiche la nostra disponibilità essendo i più vicini.
A soccorso iniziato è arrivata una imbarcazione della cosiddetta Guardia costiera libica. Stavamo distribuendo giubbotti di salvataggio. Quando i libici sono arrivati la gente ha cominciato ad avere paura e tanti si sono tuffati in acqua. È stato un momento caotico. I libici hanno anche sparato un colpo in acqua. Noi abbiamo cercato di trarre in salvo la gente in mare ma a un certo punto è stato pericoloso e così abbiamo deciso di interrompere il soccorso. Attualmente non sappiamo se le persone sono state soccorse o lasciate lì. Possiamo pensare che siano state portate indietro in Libia. Il nostro intervento è stato del tutto legale. Abbiamo le registrazioni del gps e dei dialoghi via radio. Non ci sono prove contro di noi e per questo ricorreremo contro il fermo”.
La portavoce di Humanity 1 rivela poi che la ong ha presentato una denuncia al governo italiano e a quello tedesco per ‘Security incident’ nella quale si accusa la Libia di aver messo in pericolo la sicurezza dell’equipaggio minacciandolo con le armi e sparando verso di esso: “C’è già un’indagine in corso e ci sono alcuni testimoni”.
“E’ chiaro – afferma Laura Gorriahn – quello che gli stati europei stanno cercando di fare finanziando la Libia e dando loro delle navi: non vogliono che i rifugiati vengano in Europa e così pagano altre persone per fare questo lavoro”.