Home » Reggio: conclusa la prima rassegna della 2° edizione della Biennale dello Stretto

Reggio: conclusa la prima rassegna della 2° edizione della Biennale dello Stretto

Conclusa ieri la 2° edizione della Biennale, tra dibattiti, installazioni e spettacoli, visitabile ancora nei weekend fino a dicembre

di Sebastiano Plutino

  Si è conclusa ieri la prima rassegna della 2° edizione della Biennale dello Stretto, evento che continuerà ad essere aperto al pubblico, fino a dicembre ed ha chiuso ieri la prima rassegna di dibattiti e confronti a Forte Batteria Siacci di Campo Calabro, a partire dalle ore 10.00.

I lavori si sono avviati con il panel Atto IV – Baricentri delle Città / Design non in senso Stretto, con il talk “Design e Cultura d’impresa” che vedrà i contributi di Luciano Galimberti, architetto presidente ADI e Giorgio Tartaro, giornalista design e architettura.

E’ seguito il talk “Dal cucchiaio al condominio. Il Design come Esplorazione tra forma, relazione e territorio”, con il contributo della designer Sara Ricciardi, Creative Director e docente di Social design NABA e, subito dopo il talk dedicato al Laboratorio di Progettazione Urbana “La Città e il mare”, esposto anche in mostra, che vedrà protagonisti gli studenti under 14 della Scuola Media Pirandello, intervistati da Giorgio Tartaro, con la loro Dirigente scolastica, Serafina Corrado e la Referente del progetto, Santina Dattola, Segretario del Consiglio dell’OAPPC di Reggio Calabria.

Infine ha chiuso il panel il dibattito “Imprese e Territorio”, moderato da Giorgio Tartaro con i contributi di Francesco Alati, delegato territoriale ADI Calabria, Vince Castellana, coordinatore scientifico ADI Sicilia, in dialogo con Nino Scarcella, Ego Italiano, Dante Cariboni, Cariboni Group, Marco Predari, Universal Selecta e Giuseppe Capicotto, eFM.

La mattinata si è conclusa con il primo talk del Atto IV – Baricentri delle Città / Imprese – Imprese, Giovani e Futuro. “Fare impresa con il design”, moderato da Giorgio Tartaro, con Francesco Alati, delegato territoriale ADI Calabria, Annalisa Spadola, delegato territoriale ADI Sicilia, in dialogo con gli imprenditori Irene Tranchina, Orografie, Daniele Morabito, Karpeta + Texturae e Salvatore Mistretta, Domus laboratorio d’arredo.

Nella sessione pomeridiana, i lavori sono ripresi alle 15.00 con il “Report Laboratorio Design”, moderato da Alfonso Femia, con protagonisti gli studenti del master con il direttore del master Vince Castellana e la coordinatrice e docente del master Caterina Scandurra. E’ seguito il “Report Laboratorio Urbanistica Tattica”, con Gaia Sgaramella della Fondazione Mobilità in città, Federico Parolotto, MIC-HUB, Mariangela Cama, direttrice Biennale dello Stretto, Giusi Caminiti, sindaca di Villa San Giovanni e con Alessia Mendichi e Chiara Pezzano, team di Urbanistica tattica per Fondazione Mobilità in città.

La seconda metà del pomeriggio con l’atto IV – Baricentri delle città / cultura, antropologia contemporanea, narrativa, ha accolto il talk “Immaginare” con i contributi dell’antropologo Benoit Carbone, PhD, University College London e dell’antropologa Giuliana Sanò, docente Università degli Studi di Messina in dialogo con Mauro Francesco Minervino, scrittore e antropologo, Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

A seguire sono saliti sul palco gli artisti con le installazioni della mostra permanente. Alle 17.00 “L’arte e le installazioni in Biennale dello Stretto” – Arte e Architettura a cura di Angela Pellicanò e gli artisti. Introdurrà Mariangela Cama con Irene Calabrò dell’Associazione Culturale Nike con Marco Bassan, Spazio Taverna, Diorama e Demetrio Megalizzi, Gobo Service, che illustreranno le loro installazioni.

Alle 17.45 si sono conclusi i i lavori con il Finissage, nel corso del quale i direttori della Biennale Mariangela Cama, Alfonso Femia, Francesca Moraci con il sindaco di Campo Calabro Rocco Alessandro Repaci concluderanno sul significato della Biennale per il territorio e a seguire presenteranno le prossime sessioni di ottobre e di dicembre, la Biennale diffusa.

Casa come me.
Si sommano tutti i significati più forti sprigionati negli spazi chiusi o aperti e si ribaltano simboli, scarnificati fino a diventare sostanze luminose o voragini dopo un’esplosione, oppure ancora, segni cristallizzati in un tempo cronologico in una sequenza di due, tre, cinque e ancora molteplici spazi.
Il tempo di cui ragioniamo, è campo di rappresentazione della memoria, luogo astratto dell’indagine e messa a fuoco del significato che Arte ha per gli esseri tutti.
La sua stratificazione fatta di gesti ed esperienze millenarie, di segni, tracce, patti di condivisione, secondo Platone è “Immagine mobile dell’ eternità”.
Ma il Tempo è anche l’estensione di una visione che non possiamo chiudere dentro un confine fisico, una capsula che circoscrive mente e cuore e poi, in quel luogo del confronto pubblico che noi chiamiamo “Spazio” dove si creano e si ribaltano idoli, si sommano esperienze, ci si evolve attraversandolo, restare in balìa delle contraddizioni. Fare “spazio dentro” è una contemplazione del moto perpetuo, un esercizio; è aver compreso ciò che è necessario, lineare.
Ora, immaginiamo di attraversarlo questo spazio- tempo ascensionale, di risalita, come una infinita scala di Casa Malaparte e, tutto ad un tratto, lo scenario che si presenta agli occhi abituati da secoli alla terraferma, trasla in un luogo che funziona, simbolicamente, come un mondo di sopra.
Sopra le nostre teste, improvvisamente inonda la luce cristallina, e dentro le nostre teste, qualcosa scavalcherà i limiti del controllo di quelle categorie. Casa Malaparte dentro questa mostra, è tutto questo.
Dove, (anche se non è accaduto davvero), un tempo i bambini fluttuando in tondo su se stessi entravano nel vortice che li stremava a terra mentre il tutto continuava a girare nella loro testa. Una sensazione di contrazione dello spazio-tempo si impadroniva fino alla nausea. È questo gioco di rimandi la chiave per scrivere e riflettere su una rappresentazione che è da intendersi come operazione documentaristica e visionaria, costruzione artigianale di idee capaci di conquistare una verità profonda. La condizione di spaesamento creativo che qui si azzarda è spingere oltre una narrazione già scritta che per status, decreta il bello e il brutto, il giusto e il sopruso, l’estetica e l’etica, la menzogna dall’ideale del vero fino alla condizione generica ormai storicizzata di luogo consumato in immagini, come è avvenuto per Forte Siacci già visto troppe volte e spesso invisibile nella sua essenza, nonostante tutto.
Quell’universo spiazzante, un livello di realtà più introspettiva di cui resta memoria nelle parole di Curzio Malaparte quando scrive “ casa come me”, descrive cosi l’evento Angela Pellicanò.

Il programma si è concluso con il Concerto al Forte di Sara Berni Blues Band.

Potrebbe interessarti: