La fiera di Rimini, appena terminata, conferma che il turismo è centrale per la crescita del nostro Paese anche se – al di là dei dati positivi – resta l’amarezza nel vedere irrisolti i soliti problemi.
Guardando al territorio a noi più prossimo, cioè alla nostra regione, una cosa è certa: la Calabria può ambire ad essere una delle più ricercate tra le regioni italiane. Ciò non garantisce, però, che la nostra regione abbia acquisito un’adeguata reputazione turistica.
Reputazione. Questa parola, che spesso viene usata ed abusata dai professionisti della convegnistica è – in un certo senso – l’insieme dell’identità, della riconoscibilità, dell’affidabilità, ma anche dei servizi e di come in generale si presenta, turisticamente parlando, un determinato territorio. La reputazione è il risultato di ciò che viene percepito da coloro che entrano in contatto con il territorio e le persone, e ne rimangono più o meno ammirati. Crearla non è facile, non basta una stagione positiva, né qualche iniziativa ben riuscita, che magari porta ad una immediata ribalta.
Come spesso accade, queste iniziative – non producendo effetti duraturi nel tempo – non sono sufficienti a farci scalare le classifiche degli indicatori economici e sociali dove la Calabria da troppi anni, purtroppo, è relegata alle ultime posizioni. Ovviamente tutto è necessario e come per una grande opera pittorica, il grande valore non è dato solo dalla mano dell’autore – nel caso della Calabria, Madre Natura – è indispensabile una cornice che ne sia degna.
Per la Calabria, nonostante le ultime buone iniziative del Presidente Occhiuto, la via verso la giusta reputazione è ancora lunga. Permangono – ahimè – ostacoli oggettivi, come per esempio i collegamenti tra gli aeroporti calabresi e l’entroterra, le infrastrutture inadeguate, la rete viaria fatiscente, il degrado urbano, la qualità e quantità delle strutture ricettive, le professionalità turistiche carenti.
La buona reputazione – dunque – è una conquista, ma bisogna mettere mano concretamente alla soluzione dei problemi, andando necessariamente oltre gli annunci e le sporadiche iniziative, altrimenti la storia della Calabria non vedrà un’inversione di tendenza ma si confermerà, tristemente, come una terra da cui fuggire.