“La situazione delle donne in Medio Oriente è una delle questioni più urgenti e angoscianti della nostra epoca. L’attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas ha aggiunto un ulteriore strato di sofferenza, che colpisce profondamente le donne israeliane in primis, ma tocca di conseguenza anche quelle palestinesi e di tutta l’area interessata da una tragica ed incessante escalation”. Lo ha detto Giusi Princi, Eurodeputata FI – PPE e Presidente della Delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con l’Asia Centrale, intervenendo al convegno “La situazione dei diritti delle donne in Medio Oriente dopo il 7 ottobre”, organizzato da Fulvio Martusciello, Capodelegazione italiana del PPE, che si è svolto oggi a Bruxelles. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, attivisti per i diritti umani di fama internazionale e accademici di prestigiose università europee.
“Le donne in questa regione – ha proseguito Princi – non sono solo vittime passive di conflitti, ma rappresentano il fulcro di una resistenza e di una richiesta di cambiamento che non possiamo ignorare. Secondo un rapporto dell’ONU, quasi il 70% delle donne irachene che vivono nelle aree di conflitto ha subito almeno una forma di violenza di genere, sia essa fisica, psicologica o sessuale. Questa violenza non è solo un riflesso della guerra, ma una vera e propria strategia di controllo e oppressione. Le milizie estremiste, come l’ISIS e i gruppi affiliati ad Hamas – ha continuato –, utilizzano il corpo delle donne come campo di battaglia. Questi atti di violenza non sono semplicemente ‘effetti collaterali’ dei conflitti, ma fanno parte di una strategia deliberata volta a distruggere le strutture sociali e ad umiliare intere comunità. Un caso particolarmente significativo è rappresentato dalle donne Iazide in Iraq, che sono state rapite, ridotte in schiavitù e vendute come merci nei mercati dei militanti. La violenza che queste donne subiscono non si limita al momento dell’atto, ma le marchia per tutta la vita, portando con sé conseguenze devastanti per la loro salute fisica e mentale. Di queste donne, molte non hanno accesso ai servizi di assistenza e supporto necessari per riprendersi. È fondamentale – ha evidenziato l’eurodeputata – che l’Europa agisca per assicurare che gli aiuti umanitari destinati alle zone di conflitto includano specifici programmi di supporto per le vittime di violenza di genere, attraverso centri di riabilitazione e percorsi di assistenza psicologica”.
“Un altro settore in cui l’Europa dovrebbe concentrare la sua collaborazione con i Paesi dell’area – ha sottolineato Princi – è certamente l’educazione. In Yemen, ad esempio, oltre il 60% delle bambine viene costretto ad abbandonare la scuola prima del completamento del ciclo di istruzione primaria, e in Iran, le giovani studentesse vengono costantemente minacciate e arrestate per aver semplicemente protestato a favore della loro libertà. L’istruzione è uno dei pochi strumenti che possono consentire alle donne di spezzare le catene della discriminazione e dell’oppressione, eppure, in gran parte del Medio Oriente, è considerata un privilegio anziché un diritto. Nel 2022, l’UNICEF ha riportato che circa 12 milioni di ragazze in Medio Oriente sono fuori dal sistema educativo. Questa esclusione le rende vulnerabili a matrimoni precoci, sfruttamento e povertà, riducendo ulteriormente le loro opportunità di vita e di autonomia. Senza istruzione, queste ragazze non hanno alcun mezzo per difendersi dall’estremismo e dalla violenza, né per costruirsi un futuro dignitoso. Ecco perché, in qualità di membro della Commissione FEMM e presidente della Delegazione per le relazioni con i Paesi dell’Asia Centrale, propongo un’iniziativa congiunta tra l’Unione Europea e le ONG locali, finalizzata a garantire percorsi educativi sicuri e accessibili per le donne e le ragazze nelle zone più colpite dal conflitto. Dobbiamo creare ‘safe schools’, scuole sicure, che non solo offrano istruzione ma siano anche protette dagli attacchi e dotate di strutture sanitarie e di supporto psicologico. Se l’Europa vuole rimanere fedele ai suoi principi fondanti – ha aggiunto –, è essenziale che agisca con decisione e urgenza. Non possiamo permetterci di ignorare la sofferenza delle donne in Medio Oriente, né di rimanere in silenzio di fronte alla sistematica oppressione di cui sono vittime. Dobbiamo fornire non solo assistenza, ma anche mezzi concreti per la loro emancipazione, investendo in programmi di educazione, protezione e supporto. Le donne in questa regione sono simboli di resilienza e con il nostro sostegno – ha concluso – possono diventare anche agenti di cambiamento e di pace”.