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François Truffaut e la Nouvelle Vague

Il 21 ottobre 1984 ci lasciava il regista francese più importante di sempre, creatore del movimento cinematografico "Nouvelle Vague"

di Paolo Frascati

Il 21 ottobre 1984 ci lasciava uno dei migliori registi di sempre, François Truffaut, un visionario, un genio, famoso per aver fondato insieme a Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Éric Rohmer e Jacques Rivette la Nouvelle Vague, il movimento cinematografico più conosciuto e importante della storia del cinema.
Alla fine degli anni Cinquanta, la Francia viveva una profonda crisi politica, segnata dalla Guerra Fredda e dai contrasti della Guerra d’Algeria. Il cinema francese tradizionale dell’epoca aveva assunto una connotazione quasi documentaristica nel testimoniare questa crisi interna. I film erano diventati mezzi per rifondare una sorta di morale nazionale, i cui dialoghi e personaggi erano spesso frutto di idealizzazione.
Proprio questa tendenza idealistica e moralizzante rendeva il cinema di quegli anni distaccato dalla realtà quotidiana delle strade francesi. Fuori dalle finestre c’era una nuova generazione che stava cambiando, che parlava, amava, lavorava e faceva politica in modo diverso. Questa generazione chiedeva un cinema che rispecchiasse fedelmente il loro modo di vivere. E così, la gioventù, designata dai giornali come “Nouvelle Vague”, trovò la sua voce in un cinema altrettanto nuovo e rivoluzionario.
La Nouvelle Vague fu il primo movimento cinematografico a testimoniare in tempo reale l’immediatezza del divenire, la realtà in cui prendeva vita. I film che ne fanno parte venivano girati con mezzi di fortuna, nelle strade e negli appartamenti, ma proprio per la loro semplicità possedevano la sincerità di un diario intimo di una generazione disinvolta e inquieta. Una sincerità nata dal fatto che i registi, poco più che ventenni, erano essi stessi parte di quel nuovo modo di pensare, leggere e vivere il cinema.
Il film più importante di questo movimento, a mio avviso, è proprio “I 400 colpi”, il primo lungometraggio di Truffaut. Un film meraviglioso che racconta la storia di Antoine (Jean-Pierre Léaud), un ragazzo parigino di dodici anni, svogliato e irrequieto, che preoccupa seriamente i suoi genitori. Spinto da un’indole insofferente e ribelle, combina ogni sorta di guai. La sua famiglia, tuttavia, non esercita un’influenza positiva sul suo sviluppo. Antoine è nato da una relazione prematrimoniale della madre, che anche dopo il matrimonio non ha rinunciato a relazioni extraconiugali. Il patrigno è un uomo debole, presuntuoso e sciocco, sempre pronto a rinfacciare ciò che ha fatto per la moglie e per Antoine, trattandolo come un peso. Sentendosi a disagio in famiglia e incompreso a scuola, Antoine comincia a marinare le lezioni e a vagabondare per Parigi con l’amico Renè, spendendo senza risparmio i soldi che riesce a procurarsi. Sorpreso a rubare una macchina da scrivere nell’ufficio del patrigno, Antoine viene mandato in una casa di correzione, e i genitori sono lieti di liberarsi della responsabilità di lui. In istituto, Antoine vive esperienze umilianti finché un giorno decide di evadere. Non torna però a casa; prima di affrontare l’ignoto, vuole soddisfare un desiderio che ha a lungo coltivato: vedere il mare.
La storia, apparentemente semplice, è raccontata con una poesia unica, attraverso inquadrature meravigliose e un bianco e nero splendido. “I 400 colpi” cattura lo spettatore, che può facilmente identificarsi nelle dinamiche familiari o nella ribellione del protagonista. Ed è proprio questo l’intento della Nouvelle Vague: raccontare la realtà con finezza, amore e ricerca, restituendo allo spettatore una visione sincera e autentica del mondo in cui vive.
Con Truffaut, il cinema divenne specchio della vita quotidiana, rivelando l’arte nascosta nel vivere comune e ribadendo, attraverso la ribellione del giovane Antoine, il potere del cinema di farci vedere oltre l’orizzonte delle nostre esistenze.

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