La notizia è che siamo ultimi nella classifica stilata da Il sole 24 ore. Ma è una notizia? La classifica sulla qualità della vita ci vede navigare nelle ultime posizioni dal 1990, da quando è stilata. Siamo già stati ultimi, penultimi e la nostra migliore posizione è tra gli ottantesimi in classifica proprio agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo (non un grande risultato, diciamocelo) poi sempre giù.
Gli atteggiamenti con cui vengono accolti questi risultati da 34 anni sono sempre gli stessi, e appartengono alla natura umana, per conseguenza alla classe dirigente: attaccare l’amministrazione in corso e dire che “sono incapaci, quando arriveremo noi risolleveremo la città” oppure dire “noi siamo bravi, ma ci dipingono male” e via con l’elenco delle belle cose fatte. Uno potrebbe prendere le note stampa dal 1990 in poi e ne verrebbe fuori un collage di reazioni fotocopia. Certo, poi anche molto prima dei social, ci sono le reazioni di orgoglio: “ma quali ultimi, al Nord non sanno neanche cos’è la qualità della vita!”; “ma davvero qualcuno pensa che a Milano si viva meglio?”; foto del mare a novembre: “novantesimo giorno d’estate”, e via così.
Possiamo, in realtà, tornare indietro ancora di svariati decenni, quando ancora le classifiche non esistevano e viene in mente Pasolini, quando, a proposito di un suo resoconto sulla Calabria per cui fu accusato di lesa maestà, rispose: “Questi sono dati della vostra realtà: se poi volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Non è con la retorica che si progredisce”. E ancora: “Io non vi consiglierei di cercare consolazioni in un passato idealizzato e definitivamente remoto: l’unico modo per consolarsi è lottare, e per lottare bisogna guardare in faccia la realtà”.
Verrà il giorno in cui potremo venire fuori dalle secche della retorica di chi accusa e dalla retorica di chi si difende? Bisognerebbe anche evitare di prendere queste classifiche con eccessiva sportività, come se non contassero nulla. Vale la pena di scomodare la morale di Esopo con la volpe l’uva? “Spesso, le persone denigrano ciò che non riescono ad avere”.
È strumentale trasformare l’ultima posizione in classifica in un atto d’accusa a questa amministrazione Falcomatà; sarebbe però segno di responsabilità e maturità politica cogliere che il problema che emerge dalla classifica è reale, attuale. La attuale classe dirigente ha il dovere di farlo.
Insomma, se siamo ultimi oggi, ieri non ridevamo. Ci basta questo? Ma davvero dobbiamo continuare, come in un noioso pendolo, ad oscillare tra chi amministrava prima e chi amministra oggi? Ma davvero non possiamo noi, oggi, lasciare perdere il dito e guardare la luna? Lasciare perdere la posizione di classifica e guardare, scorporare, studiare i dettagli dei parametri? Che sono molto molto interessanti. E ci dicono molto rispetto agli scarsi livelli: degli strumenti di partecipazione; dell’organizzazione dei servizi; della gestione dei beni comuni; dell’accesso della cittadinanza all’amministrazione della cosa pubblica; dei determinanti sociali della salute; del rapporto tra livello di istruzione, reddito, occupazione. Più completamente ci disegnano i fattori principali delle diseguaglianze sociali.
Ecco: auspicherei una classe dirigente che, invece che buttare la palla in tribuna, si sedesse a studiare i dati, ad approfondirli e ad ammettere che il risultato porta: alla desertificazione giovanile; all’emigrazione sanitaria; alla inesorabile disgregazione del tessuto sociale, culturale, economico; a un sempre maggiore distacco dalla cosa pubblica.
Auspicherei che ciò avvenisse nell’alveo di quel campo progressista che deve avere la lungimiranza di leggere le diseguaglianze sociali, evidenziare senza paura le mancanze di questa macchina amministrativa, ribadire il dovere della trasparenza e dell’efficienza, cogliere le decine e decine di criticità attuali e programmare il futuro. Per fare questo è necessario liberarsi dalle logiche di cortile e dai bisogni stringenti dei propri destini elettorali. Bisogna confrontarsi sui temi.
Insomma, la critica che va mossa a questa amministrazione è, semmai, quella di non volere affrontare la questione. Nel tempo che resta è un dovere studiare, attivare strumenti di comprensione, trasformare i dati che ci dicono l’emergenza in un radicale e positivo cambiamento della macchina amministrativa.
Viceversa, si può continuare a metterla in burla e viene in mente la lezione illuminante e tagliente di Otello Profazio: “Qua si campa d’aria! Si campa d’aria…no? Ma insomma, come ve lo devo dire? Si campa d’aria…no? Lasciate perdere… non vi applicate…non vi preoccupate! Qua si campa d’aria!! Non lo sapevati??!!”.