Un incontro con la Prefettura di Reggio Calabria e il coinvolgimento dell’Azienda sanitaria provinciale e della Regione Calabria per trovare una soluzione all’aggravarsi delle condizioni di vita all’interno della tendopoli di San Ferdinando e nel territorio circostante: è quanto chiedono le associazioni e gli enti attivi sul territorio della piana di Gioia Tauro. “Nell’ultimo periodo – è scritto in una nota sottoscritta da Emergency, Afro World, associazioni Chico Mendes, Coopisa Cooperazione in Sanità, Piccola Opera Papa Giovanni Onlus, Caritas San Ferdinando Re, Chiesa Evangelica Valdese, Medici del Mondo, Medu (Medici per i Diritti Umani), Mediterranean Hope / Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Reggio Non Tace, Sos Rosarno e Usb Calabria – si sta assistendo a un peggioramento della situazione nella Piana di Gioia Tauro. A 15 anni dalla ‘rivolta di Rosarno’, del 7 gennaio 2010, il clima di tensione sociale sta raggiungendo un livello sempre più critico. Ne sono un esempio la recente aggressione avvenuta ai danni di un lavoratore bracciante dell’Ostello Dambe So, investito da un automobilista tra Rosarno e San Ferdinando e l’aggravarsi delle condizioni sociosanitarie all’interno della tendopoli di San Ferdinando, il più grande insediamento informale della Calabria, dove sempre più spesso avvengono risse e aggressioni”.
In particolare, le Associazioni presenti sul territorio si dicono “allarmate dalla crescente tensione che sfocia spesso in episodi di violenza. La piana di Gioia Tauro è abitata da molti lavoratori braccianti stranieri, spesso sottopagati, impiegati nei campi e costretti a ritmi di lavoro massacranti – sottolineano – obbligati a vivere in alloggi precari, come insediamenti ed edifici abbandonati, spesso senza avere accesso ai servizi igienici ed essenziali. Ne è esempio la tendopoli di San Ferdinando un luogo abbandonato dalle istituzioni, dove più di 500 persone vivono in tende, in condizioni igienico-sanitarie inesistenti, senza riscaldamento ed esposte a molti rischi. In condizioni così precarie non di rado i più fragili iniziano ad abusare di alcol, droghe e psicofarmaci con conseguenze gravi, oltre che per la salute, anche per gli equilibri di vita all’interno dell’insediamento: molte di queste persone vengono infatti allontanate e si ritrovano a vagare nelle città circostanti”.