Le retribuzioni annue sono aumentate anche in Calabria grazie a una stagione di mobilitazione che ha portato al rinnovo di importanti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, in settori strategici come il Terziario, la distribuzione e i servizi. Ma questo non è bastato a fermare la fuga dei giovani da una terra che continua a negare loro opportunità e dignità.
I dati confermano un trend storico: la Calabria si svuota della sua linfa vitale. Cambiano solo i bagagli di chi parte—dalla valigia di cartone allo zainetto, dalle braccia ai cervelli—ma la causa è sempre la stessa: un sistema economico che sfrutta il lavoro senza redistribuirne la ricchezza.
Si lavora male, si guadagna poco, si vive peggio. I diritti basilari sanciti dai contratti e dalle leggi—ferie, permessi, tutele—vengono considerati “privilegi” anziché garanzie. Le aziende accumulano profitti ma rifiutano la contrattazione integrativa, impoverendo chi lavora e condannando la Calabria alla precarietà.
Ma il cambiamento è possibile. Nessuno lo farà per noi. Nessun uomo solo al comando, nessun comitato elettorale salverà questa terra. La salvezza passa dalle lavoratrici e dai lavoratori che decidono di organizzarsi, di lottare, di rivendicare rispetto e dignità.
Alziamo la testa. Chi lavora merita di più. Chi lavora può cambiare le cose.