Che la “morale”, per questa sgangherata Amministrazione a guida centrosinistra, avesse più pesi e diverse misure, è cosa da tempo nota. Ma in questa Città abbiamo perfino assistito a ben altre prodezze: una di queste è l’approvazione di un Codice Etico, poi puntualmente e ripetutamente disatteso; l’ultima, in ordine di tempo, è il patteggiamento della condanna daT parte del Consigliere comunale Filippo Quartuccio, Delegato alla “Cultura” per la Città Metropolitana, che rimane ancora saldamente incollato agli incarichi fiduciari che Falcomatà gli ha conferito, nonostante il loro Codice etico lo vieti.
Sì, avete letto bene: proprio alla Cultura, quella recentemente negataci, e per la quale aspiravamo tutti a rappresentarne come Città, la Capitale nel 2027.
Ma andiamo con ordine.
Chi ha letto il Dossier con cui Reggio si è candidata, ha potuto rendersi conto (come da più parti impietosamente evidenziato) come la bizzarra squadra di “scienziati” selezionati da Falcomatà abbia elaborato un documento molto lacunoso, carente (come decretato dalla stessa Commissione valutatrice), disarticolato e privo di qualsiasi visione organica. La cosa più grave è che nel Dossier mancavano le “azioni di sistema”, tra loro interconnesse. Inoltre, il Dossier era a tratti incomprensibile e oscura era la dichiarazione degli obiettivi. Insomma, più che un Dossier, Falcomatà e il suo circo si sono presentati all’importante appuntamento con una mera elencazione di eventi e di promesse, peraltro senza produrre sufficienti formali atti di impegno finanziario).
I “gitanti della cultura” che hanno confezionato il Dossier e consigliato Falcomatà, tra un apericena a bordo piscina e un karaoke, hanno preparato l’evento come se avessero dovuto promuovere una sorta di “Festa dell’Unità”.
Gli stessi improbabili estensori del Dossier hanno disatteso ed eluso i principali elementi che concorrono a formare una vera “infrastruttura culturale”, debitamente progettata, organizzata e realizzata con un approccio di sistema. Probabilmente la nutrita formazione composta da Falcomatà non sa che la “Cultura” integra un sistema immateriale e materiale che si basa sulla trama ben studiata e ideata che la rende accessibile e fruibile.
La “piattaforma culturale”, quindi, avrebbe dovuto comunicare il concetto di rete, attraverso cui presentare e far vivere alle generazioni di studenti, ai cittadini, ai turisti e ai visitatori, in modo condiviso e connesso, il diversificato patrimonio dei Musei, delle Università, delle Biblioteche e delle Pinacoteche, dei Palazzi storici e dei Teatri, del patrimonio archeologico, artistico e architettonico, ecc..
Gli improvvisati “venditori di pentole” hanno semplicemente annunciato una lista di elementi, tra loro separati, ascrivibili alla storia, al paesaggio, alla natura e all’ambiente, che, come ben sappiamo, non sono creati dall’azione amministrativa, ma sono “ereditati”.
La patetica messinscena di Falcomatà che tiene in mano il bergamotto, poi, ha sancito come sia stato malinteso il contesto nel quale ci si trovava. Il resto, purtroppo, è stato documentato dalle telecamere, ed è stata una sequenza di imbarazzanti improvvisazioni e di arrampicate su superfici lisce e scivolose, che non sono sfuggite alla Commissione.
Tra costoro, come dicevamo, anche Filippo Quartuccio, Delegato alla Cultura, il quale, dopo la condanna patteggiata, se proprio non intende dimettersi in ossequio al Codice etico e per il venir meno della rappresentatività nel ruolo, dovrebbe farlo, se non altro, quale segno di rispetto per la Città, cui ha consegnato l’ennesima umiliazione, a causa dell’incapacità, della superficialità e dell’inadeguatezza con cui lui e il suo Sindaco hanno interpretato la Candidatura di Reggio a Capitale della Cultura per l’anno 2027.
Ormai il rossore non appartiene più alla vergogna, soprattutto quando questo ha la stessa tonalità delle sue bandiere.