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Reggio: il Comitato 14 Luglio commemora il 55° anniversario della Rivolta

Il coordinatore Agliano illustra il programma delle iniziative in città, in occasione del 55° anniversario della “Rivolta di Reggio”

di Sebastiano Plutino

Il 14 luglio ricorre il 55° anniversario della “Rivolta di Reggio”. Il motivo scatenante fu, solo in apparenza, la sottrazione del capoluogo. Le ragioni, tuttavia, non possono essere ridotte ad una mera questione campanilistica o, come si disse allora, di pennacchio. Ciò che la città rivendicava era considerato un diritto inalienabile, che derivava da una storia millenaria, consapevole che il rischio era quello di perdere l’ultima occasione in direzione dello sviluppo. La ribellione dei reggini non fu solo un’esplosione di furia politica, ma prima di tutto un rigurgito di disagio sociale con un popolo che sentiva forte la sensazione di essere stato tradito dal governo centrale. La Rivolta fu, pertanto, un moto corale di ribellione, che interessò anche il territorio provinciale e, qualsiasi lettura si voglia dare, non può venire meno la sua dimensione popolare. In piazza, per le strade e tra le barricate ci furono uomini e donne, giovani ed anziani, borghesi, operai ed impiegati, gente di diverso strato sociale che lottò compatta per rivendicare un diritto, per denunciare un sopruso”, afferma Giuseppe Agliano, coordinatore del “COMITATO 14 LUGLIO” –

La “spartizione” della Calabria, come nelle migliori tradizioni, fu decisa nel corso di una cena in un ristorante romano, dai maggiorenti politici del tempo: Giacomo Mancini, Ministro dei Lavori Pubblici e Segretario del Partito Socialista, Riccardo Misasi, Ministro del Commercio con l’Estero ed Ernesto Pucci, Sottosegretario al Ministero degli Interni. Catanzaro sarebbe diventato il cuore burocratico della Calabria con l’assegnazione del Capoluogo di Regione; Cosenza sarebbe diventata il Polo culturale regionale con l’istituzione dell’Università; Reggio sarebbe divenuta Area industriale.

La protesta parte dagli ambienti reggini della Democrazia Cristiana e da Piero Battaglia, il “Sindaco della Rivolta”, che il 5 luglio 1970 insieme al Consigliere provinciale del Movimento Sociale Fortunato Aloi, intrattiene a Piazza Italia il famoso “Rapporto alla città”, svelando l’inganno che si stava perpetrando ai danni di Reggio. Il suo partito lo sostenne solo per poco tempo, poi si tirò in disparte e lasciò le decisioni in mano ai vertici romani. Quindi, nel momento cruciale, quando partiti, sindacati e organizzazioni nazionali si defilarono, Reggio e i reggini, trovarono come loro unici interlocutori Ciccio Franco e gli uomini del “Comitato d’azione per Reggio Capoluogo” e del Movimento Sociale Italiano.  Oltre Ciccio Franco e Fortunato Aloi, furono protagonisti in quelle giornate Renato Meduri, Rosetta Zoccali, Angelo Calafiore, Antonio Dieni, William D’Alessandro, Pietro Gatto, Concetta Ripepi, e anche molti altri “personaggi”, non dichiaratamente missini, sposarono apertamente e senza condizioni la causa della Rivolta, fra questi: l’on. Giuseppe Reale, l’armatore Amedeo Matacena Sr., l’industriale del caffè Demetrio Mauro, l’ex Comandante partigiano Alfredo Perna, il prof. Franco Arillotta, il medico Rosario Cassone, il consigliere comunale Biagio Canale, l’avv. Pietro Marrapodi, l’ing. Eugenio Castellani e Claudia Pellegrino, il prof. Giuseppe Lupis, il duca Giuseppe Avarna.

La Chiesa Reggina con il suo Arcivescovo, Mons. Giovanni Ferro, si adoperò molto per cercare di alleviare le sofferenze del popolo e di calmare gli animi dei più esagitati, e anch’essa, da subito, si schierò a favore delle giuste rivendicazioni dei reggini con tanti preti in prima linea: don Italo Calabrò, don Giuseppe Agostino, don Salvatore Nunnari, don. Giorgio Costantino, don Mimmo Geraci, don Giuseppe Pensabene, don Gregorio Alampi, don Giovanni Laganà.                              Le proteste, le barricate e gli scontri finirono nel febbraio 1971, quando il governo di Emilio Colombo tirò fuori dal cilindro una sorta di “manuale Cencelli” in versione calabrese, assegnando Capoluogo e Giunta regionale a Catanzaro; Università a Cosenza; Assemblea regionale a Reggio; inoltre, fu promesso di costruire il V° centro siderurgico a Gioia Tauro e uno stabilimento Liquichimica a Saline Joniche per circa10 mila nuovi posti di lavoro. Oggi sappiamo tutti che quella fu solo una presa in giro. Il territorio reggino, da sempre noto per la sua vocazione turistica, commerciale ed agricola, non poteva diventare di colpo area industriale, soprattutto quando già la siderurgia e la chimica erano attanagliate da una grave crisi, tanto che problemi si erano riscontrati nel IV° centro siderurgico di Taranto. Tuttavia, il governo la spuntò e nacque il famoso “Pacchetto Colombo”. Non era ciò per cui i reggini si erano battuti, ma la gente era stanca e voleva tornare alla normalità. E poi, la promessa di tanti posti di lavoro, davvero tanti, non poteva cadere nel vuoto. Insomma, la città ne usciva sconfitta, ma con onore. La “Rivolta di Reggio” finiva così, dopo 8 mesi di assedio e con l’inquietante immagine dei carri armati sul lungomare della città. Quello che rimane è una straordinaria esperienza mai più ripetuta in alcun paese delle democrazie occidentali, l’esperienza di un Popolo che non si arrese, che non si rassegnò, ma che lottò per la giustizia sociale e per il proprio futuro, a mani nude contro i carri armati e, che per questo, pagò un prezzo altissimo: 5 morti, decine di mutilati, centinaia di feriti, arresti e pestaggi, oltre all’ostracismo per alcuni decenni.

Solo dopo 40 anni Reggio – continua Agliano – ha avuto il giusto, seppur tardivo, indennizzo, con il riconoscimento quale decima Città Metropolitana d’Italia (Legge nr. 42/2009), grazie all’intuizione e alla lungimiranza di Giuseppe Scopelliti, primo Sindaco di Reggio figlio di quella generazione cresciuta politicamente guardando gli esempi e coltivando i valori che la Rivolta ha trasmesso. Scopelliti immaginava già allora, una città agganciata alle principali reti europee di sviluppo urbano e coordinata per interagire con le altre città metropolitane del Mediterraneo, quale “ponte” europeo naturale per raggiungere le sponde del nord Africa, in chiave turistica e commerciale. Si trattava, in sintesi, di far pesare politicamente la posizione geografica strategica che Reggio detiene ed ambire al ruolo che le compete nel bacino del Mediterraneo. Questo riconoscimento, dovuto all’impegno del governo Berlusconi e alla tenacia di Italo Bocchino e Francesco Nucara, è uno straordinario strumento per il definitivo rilancio di tutto il territorio metropolitano in ottica nazionale ed europea. Peccato che ancora l’amministrazione metropolitana non è riuscita a farsi rilasciare le importanti deleghe dalla Regione che le consentirebbero di fare il definitivo salto di qualità.

Il “Comitato 14 luglio”- conclude Giuseppe Agliano – raggruppa Associazioni, Movimenti e Partiti del centrodestra reggino, e si adopera per tenere sempre vivo e attuale lo spirito dei “Moti del 1970” con varie attività di carattere storico, politico, sociale e culturale.

 

 

Il Comitato ha da tempo richiesto che siano dedicati, a perenne memoria, i luoghi in cui caddero i Martiri della Rivolta: Via Logoteta, in cui il 15 luglio 1970 fu ritrovato agonizzante il ferroviere Bruno Labate; lo slargo del Rione Ferrovieri, in cui il 17 settembre 1970 fu ucciso l’autista Angelo Campanella; la parte del Calopinace, in cui il 17 settembre 1971 cadde il banconista Carmine Jaconis.

Allo stesso modo, si auspica che vengano degnamente ricordati anche i due poliziotti Curigliano e Bellotti.

Infine, si comunicano le iniziative previste per questo 55° anniversario:

 

12 LUGLIO- ORE 18,30 LIDO PEPYS

“UNA RIVOLTA DI POPOLO GUIDATA DALLA DESTRA” – Presentazione del libro: “DESTRA SOCIALE” di Marco Cassini – a cura del Centro Studi Tradizione Partecipazione

14 LUGLIO – LUNGOMARE FALCOMATA’

ORE 18,30: cerimonia in ricordo delle vittime presso il “Monumento ai Moti”

ORE 18,45: omaggio floreale alla stele del sen. Ciccio Franco

ORE 19,00 – PIAZZETTA DELLA GRAZIELLA

Mostra fotografica a cura dell’Associazione “Sbarre per sempre”

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