Un avvio travolgente sul lungomare di Pellaro. Il sipario si è alzato il 26 agosto sull’Arena della Lega Navale di Pellaro per la VI edizione del Globo Teatro Festival – Periferie, diretto da Maria Milasi e Americo Melchionda. Un cartellone che unisce teatro, danza, musica e performance, trasformando le periferie in laboratori creativi e luoghi di incontro. Le prime serate hanno subito catturato il pubblico con applausi scroscianti e richieste di bis, confermando la vitalità e valenza del progetto.
26 agosto: tra arte e musica, un banchetto impossibile e un viaggio sonoro
L’apertura è stata affidata a L’impossibile Banchetto, testo di Katia Colica (da un’idea di Elmar Marcianò) con la regia di Americo Melchionda. Sul palco, un incontro immaginario tra Frida Kahlo, Picasso, Marinetti, Benedetta Cappa e Boccioni, in attesa dell’inafferrabile Dalì.
Un dialogo teatrale visionario e ironico, che ha esplorato il senso dell’arte come condanna e necessità e che ha accompagnato il vasto pubblico “dentro un luogo che si vede, tuttavia non c’è. Dentro uno spazio che non c’è, tuttavia che esiste”.
Le interpretazioni di Maria Milasi, che ha realizzato una dolente e consapevole Frida, lucida nella sua interpretazione quanto emozionale, Americo Melchionda, linea di confine tra il dentro e fuori scena che ha trasportato gli spettatori tra leggerezza e dramma, Francesco Spinelli, che si è destreggiato egregiamente tra la complessa personalità di Marinetti e l’amore per la moglie Cappa, Kristina Mravcova, decisa nella sua sintesi ironica e con dedizione del personaggio, e Simone Zampaglione, che ha proiettato con profonda emozione l’opera di Boccioni in scena, serviti da un’artistica quanto algida cameriera interpretata da Thekla Demarco hanno convinto e coinvolto.
Il testo di Katia Colica ha proposto un viaggio visionario ma concreto sul senso stesso dell’arte, riuscendo a trasportare in drammaturgia l’arte come necessità umana.
Molto indovinate le atmosfere musicali a cura di Antonio Aprile che hanno sottolineano i momenti dello spettacolo oscillando tra echi di un pianoforte, percussioni e sintetizzatori.
La serata si è chiusa con il concerto di Alessandro Santacaterina, che ha fuso barocco e world music in una performance intensa e originale.
In un percorso virtuoso, il chitarrista calabrese, definito da Eugenio Bennato “la prima chitarra battente della nuova generazione”, ha regalato un viaggio tra radici mediterranee e sperimentazione contemporanea che il pubblico ha accolto con ovazioni e ripetuti applausi.
28 agosto: il Mediterraneo danzato e un alfabeto poetico
Il 28 agosto, l’Arena ha accolto due performance che hanno intrecciato linguaggi differenti.
La prima, Mi spaventa l’inverno di e con Alessia Marra e Daria Barbone (produzione Officine Jonike Arti), è stata una performance art di danza contemporanea sul Mediterraneo come corpo e memoria: naufragi, approdi, radici e distacchi sono stati evocati da movimenti essenziali e intensi. Sul tema del naufragio e con sonorità ambientali, le danzatrici hanno restituito l’immagine duale del mare, interpretandone l’abbraccio e insieme la ferocia.
La loro inteprertazione è stata un accompagnamento grafico e corporeo sull’abisso della vita e della morte.
A seguire, Alfabeto Inesatto di Mario Massaro (produzione Porta Cenere) ha unito poesia, musica e voce in uno spettacolo reading immersivo.
Elisa Ianni Palarchio, Mirko Iaquinta, Valerio Massimo Filice e lo stesso Mario Massaro, accompagnati dall’arpa di Camilla Colonna, hanno dato vita a un mosaico di testi e suoni, tra amore, conflitti e visioni sospese.
Una performance in cui la poesia ha incontrato il suono e le visioni tra l’amore raccontato e la guerra quotidiana dei popoli.
29 agosto: tra mito e utopia
Lo spettacolo “Uccelli o della Città Sognata”, diretto e interpretato da Americo Melchionda, affida alla drammaturgia di Maria Milasi un gesto poetico e sarcastico: l’Upupa (Americo Melchionda) diventa creatura fragile e grottesca, mentre Thelma e Louise, impersonate, rispettivamente, da Maria Milasi e Kristina Mravcova, incarnano il desiderio femminile di emancipazione, ribaltando i ruoli originari di genere maschile.
La Civetta, resa da Thekla De Marco, coro di memoria aristofanea ironico e vigile, custodisce il ritmo della visione.
Applausi scroscianti per la magistrale interpretazione di tutti gli attori e per l’originalità della rielaborazione contemporanea del testo di Aristofane.
È emerso, infatti, un affresco sospeso tra mito e presente, che interroga il pubblico con una domanda bruciante: ogni utopia è promessa di libertà o premessa di nuove catene? E la Città Sognata, libera da confini e priva di conflitti e guerre, esiste o è pura chimera?
Allo spettatore, il compito di riflettere e scegliere se abbandonarsi all’amara disillusione o credere in uno spazio libero da conquistare.
Un festival che continua a sorprendere
Le prime tre serate hanno confermato il carattere del Globo Teatro Festival: una rassegna capace di unire linguaggi diversi e di restituire al pubblico esperienze intense e condivise.
La programmazione, dopo il successo di ieri con Canti per la Pace, prosegue stasera con La Grande Menzogna e Fiabe Italiane, per poi concludersi il 21 settembre con lo spettacolo In occasione di una nuova era.
Un percorso che suggella il festival come uno degli appuntamenti culturali più originali e vitali dell’estate reggina.