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Reggio: la riflessione dell’Arch. Postorino sulla “Via Lia–Vito”

«Via Lia-Vito abbandonata dopo 46 anni di sprechi», scrive in un comunicato la Responsabile Dipartimento Urbanistica e Pianificazione

di redazione
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La “Via Lia–Vito”: quarantasei anni di attese, ritardi e opportunità sprecate

 

Riflessioni dell’architetto Antonella Postorino,

Responsabile Dipartimento Urbanistica e Pianificazione della Città

Coordinamento Grande Città di Reggio Calabria – Forza Italia

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa dell’architetto Antonella Postorino, Responsabile Dipartimento Urbanistica e Pianificazione di Reggio e del Coordinamento Grande Città di Reggio Calabria – Forza Italia, sull’incompiuta, dopo 46 anni di attese della  “Via Lia–Vito”: “È notizia recente che Reggio Calabria si collochi all’ultimo posto (106°) nella classifica 2024 di Ecosistema Urbano, il report annuale curato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore.

L’indagine, fondata su 19 indicatori distribuiti in sei macroaree – qualità dell’aria, risorse idriche, gestione dei rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia – restituisce un quadro critico e allarmante: quello di una città immobile, priva di segnali concreti di miglioramento, intrappolata in croniche criticità strutturali e incapace di avviare un reale percorso di trasformazione sostenibile.

Un risultato che, purtroppo, non sorprende chi conosce da vicino le dinamiche amministrative e urbane che da anni frenano lo sviluppo del territorio: assenza di una visione strategica, governance frammentata, gestione inefficiente delle risorse, progetti ciclicamente rimodulati o definanziati, spesso senza mai giungere a compimento.

Emblematico, in tal senso, è il caso della cosiddetta “Via Lia–Vito”: un’opera incompiuta che, oltre ad aver compromesso in modo irreversibile uno dei paesaggi più suggestivi della città, ha generato una vasta discarica abusiva, oggi tra le più estese e trascurate dell’area urbana.

Si tratta di un’infrastruttura solo parzialmente realizzata, priva di connessioni funzionali e di coerenza territoriale, divenuta simbolo del fallimento della pianificazione cittadina e della dispersione di risorse pubbliche.

Il progetto, già costato ingenti somme tra fasi progettuali, consulenze tecniche, lavori intermittenti e indennizzi per espropri, continua a gravare sulla collettività, generando spese ricorrenti per la rimozione dei rifiuti che si accumulano ai margini della strada.

A chiudere il quadro è la Delibera di Giunta n. 195 del settembre 2025, che dirotta altrove i fondi residui destinati all’opera e ne decreta, di fatto, l’abbandono definitivo.

Così svanisce l’ennesima occasione per restituire dignità, funzionalità e sicurezza a un quartiere che da troppo tempo attende risposte concrete. Una decisione che contraddice apertamente ogni principio di sostenibilità e lascia alle generazioni future un pesante fardello ambientale, economico e sociale.

 

Un quartiere dimenticato

Per comprendere appieno il valore strategico di questa arteria stradale incompiuta, è necessario osservare più da vicino il quartiere di Vito e riconoscerne le potenzialità ancora inespresse.

Situato nella periferia nord di Reggio Calabria e urbanisticamente connesso al vicino quartiere di San Brunello, Vito si sviluppa lungo un’unica direttrice: l’antica via di collegamento tra Reggio e Ortì. Un tracciato che, in origine, era una mulattiera percorsa a dorso d’asino e che, solo in seguito, è stato trasformato in strada comunale. È lungo questo asse principale che si sono formati gli abitati storici di Vito Superiore e Vito Inferiore, dai quali si diramano piccole vie di accesso a comparti residenziali costituiti da abitazioni private.

Storicamente borgo di artigiani – mattonieri e tegolai – e sede di attività produttive come fornaci per laterizi, mulini idraulici e frantoi, Vito ha mantenuto una discreta vitalità economica almeno fino agli anni Ottanta.

Oggi il quartiere conserva una prevalente vocazione residenziale, ma ospita anche importanti presìdi sociali e istituzionali: una scuola, due chiese, due impianti sportivi e due dipartimenti dell’Università Mediterranea (Ingegneria e Agraria).

 

 Il nodo critico resta però invariato: la viabilità.

La principale arteria del quartiere di Vito, da troppo tempo, non risponde più alle esigenze della mobilità contemporanea. Si tratta di una carreggiata unica, stretta, priva di marciapiedi, con un fondo stradale dissestato e un sistema di smaltimento delle acque piovane inefficiente. Una combinazione che la rende del tutto inadatta alla circolazione urbana, generando disagi quotidiani: allagamenti frequenti, fuoriuscite fognarie, rallentamenti, rischi per la sicurezza e difficoltà di transito, soprattutto in caso di piogge intense.

La rete viaria è così fragile che anche un semplice intervento di manutenzione può isolare il quartiere per giorni, bloccando perfino i mezzi pubblici.

Questa condizione infrastrutturale compromette gravemente la fruibilità, l’accessibilità e la sicurezza dell’intera area. Lo ha dimostrato l’incendio del luglio 2023, che ha imposto l’evacuazione di diverse famiglie e rivelato un dato tanto semplice quanto inquietante: in caso di emergenza, Vito rischia concretamente di rimanere isolato.

L’unica risposta strutturale a tale isolamento resta il completamento della strada “Via Lia–Vito”, un collegamento essenziale per garantire un accesso rapido e sicuro al centro cittadino e all’autostrada.

Da oltre quarant’anni gli abitanti di Vito Superiore e Vito Inferiore attendono la realizzazione di quest’opera, ritenuta fondamentale per superare l’attuale condizione di marginalità e migliorare la qualità della vita nel quartiere.

 

Ripercorriamo la vicenda

La genesi del progetto risale al 1979, quando l’amministrazione comunale dell’epoca, con la delibera n. 97 del 21 dicembre, stanziò 630 milioni di lire per la realizzazione della strada “Via Lia–Vito”, concepita per collegare direttamente Vito Superiore al centro città senza attraversare l’abitato di Vito Inferiore.

Nel 1985 il progetto viene approvato e, nell’agosto del 1989, hanno inizio i lavori. Tuttavia, dopo appena un anno, i cantieri si fermano a causa di problematiche tecniche legate alla pendenza del tracciato, che impongono una modifica sostanziale al progetto originario. Una criticità tecnica, certo, ma anche il primo passo di una lunga e tortuosa odissea burocratica.

Solo nel 1996 viene approvato il piano degli espropri. Le indennità vengono depositate e si tenta di riavviare l’iter, ma bisognerà attendere quasi un decennio prima che, tra il 2004 e il 2010, venga finalmente approvato il progetto esecutivo per il completamento dell’opera.

Quest’ultimo viene affidato a tecnici esterni e rifinanziato tramite due mutui accesi con la Cassa Depositi e Prestiti: il primo, da 700 mila euro, interamente utilizzato; il secondo, da 500 mila euro, tuttora in gran parte attivo. Nel 2014 si conclude infine la procedura di esproprio.

 

La recente scelta di utilizzare le somme residue per altri interventi

Dopo un silenzio durato undici anni, a settembre 2025 qualcosa finalmente si muove, ma non nella direzione “giusta”. Con la Delibera di Giunta n. 195, l’amministrazione comunale decide infatti di destinare i 436.153,80 euro residui — provenienti dal secondo mutuo — ad altri interventi ritenuti prioritari, nello specifico alla manutenzione straordinaria dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche in aree urbane del tutto scollegate dal progetto della Via Lia–Vito.

Così viene sancito, di fatto, lo spostamento definitivo delle risorse originariamente destinate al completamento della strada, senza alcuna indicazione chiara sul futuro dell’opera.

Un atto che lascia irrisolto un nodo infrastrutturale che da decenni penalizza il quartiere e priva la città di un collegamento strategico atteso da quasi mezzo secolo.

 

Alla viabilità si aggiunge il problema della mobilità

Al cronico problema della viabilità si affianca quello, altrettanto rilevante, della mobilità pubblica.

Il quartiere è attualmente servito da una linea di autobus, ma la carreggiata troppo stretta rende la circolazione difficoltosa: i mezzi, soprattutto nei pressi del ponticello e nei tratti più angusti, provocano frequenti ingorghi, dove il doppio senso di marcia risulta di fatto impraticabile.

Paradossalmente, questi autobus trasportano ogni giorno pochissimi passeggeri — spesso non più di una decina — sollevando interrogativi sull’efficienza e sulla reale utilità del servizio, soprattutto in un contesto viario già fortemente compromesso.

Da qui nasce una riflessione necessaria: perché non valutare l’introduzione di un servizio navetta più snello e flessibile, con partenza dal capolinea di Piazzale Libertà? Una soluzione di questo tipo garantirebbe maggiore continuità, ridurrebbe l’impatto sulla viabilità locale e offrirebbe un trasporto pubblico realmente adeguato alle esigenze dei residenti.

L’apertura della strada “Via Lia–Vito” rappresenterebbe un passaggio cruciale anche da questo punto di vista. Consentirebbe infatti a molti abitanti — in particolare a quelli della parte alta del quartiere — di evitare il transito sull’attuale via comunale, decongestionando il traffico e migliorando sensibilmente la qualità della vita, specie nelle ore di punta o in occasione di eventi religiosi e festività locali.

 

La metafora della città che resta ferma

La vicenda della Via Lia–Vito è diventata l’emblema di un sistema amministrativo incapace di garantire continuità agli interventi strutturali. Progetti essenziali vengono rimodulati o defintiziati, lasciando incompiute le poche infrastrutture avviate e privando i cittadini di risposte concrete ai problemi di ogni giorno.

Quella che avrebbe dovuto essere un’opera strategica, capace di favorire lo sviluppo e la riconnessione di un quartiere isolato, si è invece trasformata nella metafora perfetta di un’amministrazione immobile: un progetto che invecchia nei cassetti e una speranza che si sgretola, proprio come il manto stradale di una città che continua a occupare l’ultimo posto nella classifica di Ecosistema Urbano — e purtroppo, anche nel cuore dei suoi cittadini.”, scrive nel comunicato l’arch. Antonella Postorino.

 

 

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