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Gioia Tauro: 40 anni dal “NO” al Referendum dei cittadini alla Centrale a carbone

Legambiente Rc commemora il 40° anniversario da quando, oltre il 97% dei cittadini respinse il progetto di una megacentrale Enel

di Sebastiano Plutino
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“Questo è il giorno di un anniversario, del bellissimo ricordo di una straordinaria giornata che, a quarant’anni di distanza, è diventata una preziosa pagina di storia della Calabria moderna, anche se purtroppo da tanti non conosciuta o colpevolmente dimenticata.

Il 22 dicembre 1985 fu, infatti, il giorno in cui i calabresi si presero la parola. In dodici comuni della Piana di Gioia Tauro si svolse il referendum autogestito con cui 36.583 elettori regolarmente registrati si espressero sulla decisione dell’Enel e del Governo di costruire nel “deserto artificiale” della Piana, triste eredità di un V Centro Siderurgico mai realizzato, una megacentrale a carbone di 2640 MW e di utilizzare il porto come terminal carbonifero. Schiacciante ed inequivocabile la vittoria del NO che totalizzò oltre il 97%. A favore della Centrale a carbone si espressero soltanto 933 elettori, appena il 2,6% sul totale.

Se il pronunciamento, corale e democratico, dei cittadini della Piana non bastò ad infrangere il muro ostinato dello Stato centrale, certamente però il referendum popolare del 22 dicembre 1985 rappresentò il punto più alto di una lotta tenace che condusse alla vittoria finale e che fece svanire l’incubo della Centrale “sputa veleno”.

L’esito dello scrutinio fu giudicato quasi unanimemente “un plebiscito, un evento straordinario, un esercizio collettivo e maturo di democrazia, un segnale di chiarezza e di speranza che va ben oltre la Calabria”.

A scendere in campo nella Piana di Gioia Tauro ed in Calabria sulla questione della Centrale a Carbone, fu una popolazione variegata. Il legante che tenne insieme tutti fu, certo, la paura del “mostro inquinante”, dunque la difesa dell’ambiente e della salute, quali beni assoluti e non barattabili. Fu anche, però, la presa di coscienza collettiva che una diversa via di sviluppo – scelta dal basso, capace di valorizzare, piuttosto che depredare, le risorse e di tenere insieme le ragioni dell’ambiente e del lavoro – non solo era possibile ma era l’unica, dati alla mano, utile e proponibile per la Piana. Fu anche l’affermazione di una volontà popolare di respingere un modello energetico basato sulle fonti inquinanti e di puntare piuttosto sulle fonti energetiche rinnovabili capaci di coesistere con la tutela della salute e l’integrità del paesaggio.

Per i primi nuclei della Lega per l’Ambiente che si andavano appena organizzando fu il “battesimo di fuoco”, che ci avrebbe fatto maturare in fretta, contribuendo a mettere in piedi insieme ad altri un movimento maturo in grado negli anni di misurarsi sul terreno scientifico, saldando protesta e proposta, le ragioni dell’ambiente e quelle del lavoro. Capace, anche, di acquisire consapevolezza che “da soli non si può” e dunque dell’importanza di muoversi sul terreno della costruzione paziente e responsabile, seppure spesso logorante, di alleanze a livello sociale e anche istituzionale.

Un’impostazione che tanti anni dopo a Saline Ioniche, di fronte a una sfida altrettanto “impossibile” come quella della centrale a carbone della società svizzera Repower, avrebbe funzionato alla perfezione e dato i suoi vittoriosi frutti. Anche qui ebbe grande peso il rifiuto di accettare una scelta che oltre che devastante veniva imposta dall’alto, senza il parere dei cittadini direttamente interessati. Nell’occasione fu molto utile anche una consultazione popolare nel territorio svizzero.

Ecco perché il Referendum nei comuni della Piana di quel 22 dicembre 1985, non è solo un magnifico ricordo che si risveglia e da cullare in questa giornata ma anche una lezione di impegno e di democrazia ancora assolutamente attuale, un monito di cui siamo chiamati a fare tesoro e ispirazione a fronte di sfide ambientali e sociali che riguardano l’oggi.

Per fare un esempio emblematico e attualissimo, far pesare la volontà popolare deve diventare uno degli strumenti fondamentali – accanto al contrasto sul piano scientifico, istituzionale, legale, procedurale – da impiegare come Comitato Spontaneo per la Difesa della Costa Viola di cui Legambiente fa parte – per contrastare il progetto indigeribile già in itinere, relativo all’impianto di accumulo idroelettrico mediante pompaggio dell’acqua del mare, che il colosso dell’energia Edison S.p.A. vorrebbe realizzare a Favazzina, tra Scilla e Bagnara ed il crinale di Melia di Scilla. Progetto, attualmente in attesa della Valutazione d’Impatto Ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, a fronte del quale c’è un silenzio assordante delle Istituzioni interessate e una del tutto insufficiente informazione delle popolazioni dei luoghi interessati. Anche questa volta viene spacciato per sostenibile e innovativo un progetto che a considerare solo la localizzazione prescelta sarebbe devastante per un territorio fragile e per un paesaggio sottoposto a precisi vincoli a difesa di uno degli ambienti marini più esclusivo e prezioso del Mediterraneo.”, scrive in un comunicato il Circolo Legambiente Reggio Calabria “Città dello Stretto” APS

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