Un tema, ha spiegato Antonio Lo Schiavo in apertura, che «rappresenta la battaglia politica campale dell’attuale consiliatura regionale. L’autonomia differenziata significherebbe cristallizzare le disparità che oggi esistono nel Paese. Questo disegno, non a caso, nasce dalle Regioni del Nord che chiedono di avere più potere rispetto ad alcune materie oggi demandate alla gestione dello Stato. Il rischio è che, oltre alla possibilità di trattenere maggiori residui fiscali nelle regioni che producono di più, si vada contro i principi di solidarietà e unità nazionale. Con il criterio della spesa storica, poi, si renderebbero legittime le disparità tra regione e regione. Mentre ancora siamo in attesa che vengano definiti i Lep si parla di una riforma che dà più autonomia alle Regioni senza però garantire omogeneità di diritti su tutto il territorio nazionale. Siamo al paradosso, così come è paradossale che una riforma di tale portata non passi dal Parlamento ma da un’intesa tra Stato e Regioni. C’è quindi un vulnus di metodo e un problema di merito sull’opportunità che alcune funzioni siano sottratte allo Stato per essere gestite dalle Regioni, come nel caso della sanità. Questo è un tema che riguarda la vita delle persone perché si ripercuote sui servizi, sugli asili nido, sulle scuole, sull’energia, sui beni comuni. La partita è sia tecnica che politica e abbiamo la necessità che le Regioni meridionali facciano fronte comune in una battaglia che non deve avere colori politici. Mi auguro che il presidente Occhiuto non rompa il fronte delle Regioni meridionali e sia il presidente di tutti i calabresi, al di là della sua appartenenza politica. L’autonomia differenziata sarebbe una iattura per le regioni del Sud. Rappresenterebbe la cristallizzazione della Questione meridionale che non potrebbe più essere corretta. Con de Magistris – ha concluso Lo Schiavo – ci ritroviamo su una battaglia comune rispetto alla quale, al di là delle collocazioni, avevamo assunto precisi impegni già in campagna elettorale».
Ferdinando Laghi ha posto l’accento sulle ripercussioni che la riforma avrebbe in ambito sanitario e ambientale. «Non è opportunità e non è un rischio, ma è la certezza di un danno anche per la salute di calabresi e meridionali. I lavoratori della sanità, ad esempio, già adesso soggetti a sperequazione nella parte variabile del contratto legata alle prestazioni (che funziona al Nord ma non al Sud), vedrebbero questa sperequazione ulteriormente accentuata perché il Nord avrebbe maggiori risorse economiche da poter investire a favore del personale sanitario. Risorse nemmeno paragonabili a quelle che sarebbero destinate al Sud. Ciò comporterebbe un’ulteriore desertificazione dei servizi sanitari nelle regioni del Sud, i cui medici sarebbero più incentivati ad andare a lavorare al Nord. L’idea, poi, che i Lep debbano viaggiare con il regionalismo differenziato è una sciocchezza inaudita. I Lep sono un obbligo costituzionale e devono essere realizzati a prescindere dall’autonomia differenziata. Le due cose vanno scisse partendo dallo spirito della Carta costituzionale. Diversamente sarebbe una diseguaglianza inaccettabile che va contro la Costituzione e il diritto alla salute di ciascuno di noi. È una battaglia dura – ha concluso Ferdinando Laghi – perché su questo fronte si deciderà il livello di qualità della vita dei cittadini italiani e il senso di appartenenza di una Nazione. Qui si tratta di fare le cose seriamente e chi si dice contro questo disegno deve dar seguito alle parole con fatti concreti».
Da Luigi de Magistris l’analisi sugli scenari che la riforma del regionalismo differenziato potrebbe determinare. «Si darebbe molto potere, legislativo, istituzionale ed economico, alle Regioni – ha evidenziato -, ma dare un fiume di denaro in luoghi dove c’è il verticalismo della politica, significherebbe dare risorse negli stessi luoghi in cui si è storicamente verificata la cementificazione di interessi tra pezzi di politica, criminalità organizzata e burocrazia. Si dimentica poi che i criteri sono quelli della “spesa storica”, algoritmi dei laboratori politici che guardano a Nord, per i quali le Regioni più ricche riceverebbero maggiori risorse e quelle più povere continuerebbero ad impoverirsi. Ma il disegno Calderoli è davvero ai limiti dell’eversione che spaccherebbe il Paese completamente sovvertendo definitivamente l’architrave della nostra Costituzione incidendo in materie sulle quali, anzi, bisognerebbe ritrovare l’unità nazionale. Si fortificherebbero, quindi, ancor di più le disparità e la desertificazione dei territori più deboli. Il regionalismo differenziato è il peggio che la politica possa proporre ed è assolutamente dannoso. Questo disegno eversivo sarebbe il punto di non ritorno verso la possibilità di costruire un Paese coeso. C’è, infine – ha aggiunto de Magistris -, un aspetto particolarmente preoccupante che riguarda i nostri talenti, di cui il Nord ha bisogno, e che teorizza che si debbano consolidare le migrazioni dei giovani del Sud verso il Nord. È un disegno neocoloniale che depaupera il Sud dalle risorse umane giovanili e vede il Mezzogiorno come un patrimonio da sfruttare: non a caso vorrebbero trasformarlo in un hub energetico dandoci in cambio le briciole. Il Sud – ha concluso l’ex sindaco di Napoli – deve essere consapevole di questo disegno ma anche della sua capacità di autodeterminarsi per difendere e valorizzare le proprie terre».