Ha nuotato per mezzora con tutte le sue forze, aggrappato ad un pezzo di legno, sfidando la corrente e le onde alte. Alla fine, però, ce l’ha fatta.
Amir Khan è uno degli 81 superstiti delle 87 le vittime, al momento, accertate del naufragio del caicco carico di migranti del 26 febbraio a Steccato di Cutro. Ieri ha rivissuto quei drammatici momenti davanti al Gip del tribunale dei minorenni di Catanzaro nell’incidente probatorio nell’inchiesta a carico del presunto scafista 17enne. “Mi sono salvato salendo sopra un legno, ho nuotato mezzora e quando sono arrivato a terra non c’erano ancora i carabinieri”. Parole che raccontano le ultime fasi del barcone e confermano, secondo l’avvocato Francesco Verri, componente del pool legale che assiste i familiari delle vittime, “che sono trascorsi troppi tragici minuti dall’urto sulla secca fino a quanto sono arrivati i soccorsi, persino a terra. Un aspetto che sta emergendo prepotentemente in questa indagine”. Anche il secondo teste ha riferito che una volta a riva ha visto solo due pescatori, mentre i carabinieri sono arrivati dopo 10-15 minuti. I due testimoni, invece, di fatto hanno scagionato il 17enne, sostenendo che non era uno scafista ma faceva da interprete tra loro ed i migranti. L’uomo ha anche riferito che i soldi del viaggio – circa 8.000 euro – erano bloccati in Turchia, consegnati ad una terza persona, in attesa dell’arrivo in Italia. Gli scafisti, a bordo, invece, si sono fatti consegnare dai migranti, le lire turche che non gli sarebbero servite in Italia, mettendo le banconote dentro un sacco. Dichiarazioni che hanno soddisfatto l’avvocato Salvatore Perri, difensore del minorenne. Mentre a Catanzaro prosegue l’incidente probatorio – domani l’ultimo giorno con altri quattro superstiti da sentire – a Crotone si sarebbe arricchito di un nuovo documento il fascicolo, al momento senza indagati ed ipotesi di reato, aperto dalla Procura sulle eventuali lacune della catena dei soccorsi. A scriverlo è il quotiano nazionale “la Repubblica”, citando un appunto con la scritta a mano “natante con migranti” che sarebbe stato vergato da un ufficiale nel giornale delle operazioni della Guardia di finanza alle 23.20, dopo la segnalazione di Frontex dell’avvistamento del caicco ad una quarantina di miglia dalla costa calabrese. Dicitura che, però, non compare nella relazione di servizio della sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza redatta il giorno dopo, a tragedia ormai consumata. Perché ciò sia avvenuto lo dovranno chiarire il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia ed il pm Pasquale Festa, titolare dell’indagine. Ma, mentre in Italia si cerca ancora di fare chiarezza su cosa è accaduto nella notte tra il 25 ed il 26 febbraio, dalla segnalazione Frontex delle 23.02 al momento dello schianto dell’imbarcazione su una secca ad un centinaio di metri dalla riva, nel Mediterraneo i disperati in fuga da guerre, carestie e persecuzioni, continuano a morire. Almeno 9 persone sono morte e alcuni sono dispersi, nel naufragio di una barca avvenuto sulla costa orientale dell’Algeria. Ed una potenziale polveriera, sul fronte migrazioni, si potrebbe ben presto rivelare la confinante Tunisia, alle prese con una crisi politica ed economica che ha allarmato anche Bruxelles finendo, per iniziativa italiana, sul tavolo del Consiglio Affari Esteri dell’Unione europea. L’Italia, in particolare, ha sottolineato “estrema preoccupazione” per uno scenario che può avere “conseguenze imprevedibili” con effetti anche sotto il profilo migratorio. Tanto che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto “tempi rapidi per finanziare un Paese che vive un momento difficile”. Una situazione talmente complicata che l’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell ha ipotizzato una sua visita nel Paese nordafricano, anche alla luce di “parole inaccettabile sui migranti sub-sahariani”.