“Credo si possa condividere l’ipotesi avanzata dall’architetto Michaelis Lefantzis, secondo la quale la struttura romana scoperta a piazza Garibaldi sarebbe la eclatante testimonianza di una «damnatio memoriae».
Quanto alla condizione del manufatto, egli opta per la ‘rasatura’ drastica di un edificio già costruito.
Io, invece, fin dall’inizio dello scavo, guardo con attenzione al fatto che la superstite, robusta massicciata di pietre sembra del tutto ‘pulita’.
Tornando al presente ritrovamento archeologico, osservando la costruzione da vicino, sembrerebbe che su questo, che tecnicamente si può definire un classico ‘vespaio‘ di pietre fatto per assicurare stabilità al futuro fabbricato, non sia mai stato steso quello strato più o meno spesso di malta (o quant’altro all’epoca si usasse) che serve per ripianare il tutto e preparare la base della pavimentazione.
La considerazione è importante perché, se così fosse, significherebbe che la costruzione dell’edificio, arrivati a quel livello, fu improvvisamente e definitivamente interrotta; il che marcherebbe ancor più l’ipotesi di partenza. Chiarire la situazione, spetta, ovviamente, agli archeologhi; ai quali si chiede, anche, di ridurre al massimo la forbice della datazione.
Quanto al rispondere alla domanda: “i Reggini a chi volevano dedicare quella costruzione? e perché non hanno continuato i lavori? chi è il personaggio del quale si doveva cancellare la memoria?”: questo è compito degli storici, che devono cercare di capire cosa può essere successo in città, in un momento a cavallo tra I secolo ante e post Cristo.
«Damnatio memoriae». Due nomi vengono alle labbra; ma è troppo presto per pronunciarli.”
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