Il 20 novembre ricorre il 34° anniversario dall’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Nel corso del tempo, la “Convenzione” è divenuta il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche.
Oggi, infatti, sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti. Il documento è stato elaborato mettendo assieme tante e diverse esperienze culturali e giuridiche. Su tutti, poi, sono quattro i principi fondamentali su cui la Convenzione si fonda: la “non discriminazione”, il superiore interesse del bambino che deve sempre avere la priorità, il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e l’ascolto delle opinioni del minore. Principi che, se per certi versi sembrano ovvi, spesso vengono completamente ignorati in molte parti del mondo.
Oggi stiamo attraversando un momento particolarmente difficile, caratterizzato da numerosi conflitti e crisi umanitarie sparse in tutto il mondo. Ritengo sia proprio per questo che oggi bisognerebbe tenere a mente il famoso articolo 38 della Convenzione, che recita: “Ogni bambino e bambina ha diritto di essere protetto dalla guerra”. Nell’ultimo mese già in molti si sono pronunciati su quanto sta accadendo nella striscia di Gaza e sul riacceso conflitto israelo-palestinese, chiedendo a gran voce l’immediata cessazione delle ostilità ed invitando entrambe le parti a proteggere i bambini. Dal mio punto di vista, ritengo di fondamentale importanza che si inizi una fase di mediazione concreta per poter salvaguardare la vita di tutte le vittime innocenti ed indifese di questo conflitto. Va loro offerta quella protezione speciale a cui hanno diritto, in conformità con gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario. Le donne, i bambini e i neonati presenti nel territorio di Gaza, stanno sopportando da giorni il peso dell’escalation delle ostilità in quei territori, pagando sia in termini di vittime, che di ridotto accesso ai servizi sanitari. I continui bombardamenti, i massicci livelli di sfollamento, il collasso delle forniture di acqua ed elettricità e il limitato accesso a cibo e medicinali stanno mettendo in grave crisi i servizi di salute materna, neonatale e infantile. Come Ambasciatore di UNICEF Italia ritengo sia necessaria un’immediata “pausa umanitaria” per alleviare le sofferenze ed evitare che questa situazione già disperata, diventi catastrofica. I bambini di Israele e della Palestina, sono oramai da troppo tempo intrappolati in un continuo incubo. Non va poi dimenticato un altro conflitto molto vicino a casa nostra: quello in Ucraina. Una guerra che sta continuando ad imperversare e causare danni irreparabili per i più deboli. Ovviamente tanto altro ci sarebbe da fare nel mondo. Non solo i conflitti, infatti, ma anche povertà, fame e cambiamenti climatici, elementi che stanno spingendo milioni di bambine e bambini sull’orlo del baratro. È fondamentale continuare a diffondere, con sempre rinnovata energia, una “cultura della protezione”. L’UNICEF, coerentemente con la mission internazionale, si impegna affinché i diritti di ogni bambino e adolescente vengano rispettati. Ma tutti noi dovremmo iniziare a promuovere, anche nel nostro piccolo, cambiamenti positivi di lungo periodo che possano incidere positivamente sulle vite dei più deboli.