La Corte di Cassazione, sezione Lavoro, rigettando il ricorso di E-Distribuzione mette fine al calvario di un dipendente, Vincenzo Messina, licenziato per aver tenuto – ad avviso dell’Ente – un comportamento gravemente negligente durante due verifiche presso la cabina che alimentava l’energia elettrica presso la sede logistica della ditta GicosSrL presso il porto di Gioia Tauro.
Vincenzo Messina, nella sua particolare funzione di pubblico ufficiale verificatore, aveva il compito, affidatogli dall’Enel, di controllare il buon funzionamento dei contatori destinati a misurare il consumo di energia elettrica e, quindi, il costo che doveva essere corrisposto, dall’utente all’Ente erogatore, per l’effettivo consumo di energia elettrica.
Nella lettera di licenziamento il datore di lavoro aveva richiamato il punto 7 paragrafo IV del contratto collettivo, secondo il quale è punito con il licenziamento con preavviso il lavoratore che: “compie con dolo o colpa grave atti comunque idonei ad arrecare notevole danno all’Azienda o grave turbativa all’ambiente di lavoro”.
Il giudice del lavoro di Palmi, aveva accolto il ricorso degli avvocati Maria Stella Pileio ed Antonino Napoli, ritenendo che i fatti contestati, non erano assolutamente idonei, anche alla luce degli elementi univocamente emersi nel corso dell’istruttoria, a legittimare il licenziamento per la mancanza dell’elemento soggettivo richiesto dalla citata disposizione.
Con l’ordinanza, con la quale è stato disposto l’annullamento del licenziamento, il Tribunale di Palmi aveva stabilito un importante principio secondo il quale dal contratto collettivo nazionale del settore si evince chiaramente la volontà di conservare il rapporto di lavoro nei casi di comportamenti negligenti ma privi del dolo, della colpa grave e della recidiva specifica e che la prova del predetto elemento soggettivo incombe sempre sul datore di lavoro.
Con l’accoglimento del ricorso proposto dagli avvocati Maria Stella Pileio ed Antonino Napoli il giudice del lavoro aveva annullato il licenziamento intimato a Vincenzo Messina ed aveva ordinato all’Enel-distribuzione s.p.a. di reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro ed al risarcimento del danno nella misura corrispondente alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra fino al limite di 12 mensilità nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra.
Contro il provvedimento del giudice del primo grado l’E-Distribuzione aveva proposto impugnazione davanti alla sezione lavoro della Corte di Appello di Reggio Calabria che aveva confermato il provvedimento del primo giudice ribadendo l’assenza nella condotta di Vincenzo Messina del dolo o colpa grave.
Avverso quest’ulteriore pronuncia E-Distribuzione aveva presentato ricorso in Cassazione davanti la sezione lavoro che, con l’ordinanza n. 32815/2023, ha rigettato il ricorso stabilendo che, “ove il fatto rientri tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, non solo il licenziamento sarà ingiustificato senza possibilità di diversa valutazione da parte del giudice ma il giudice dovrà annullare il licenziamento, ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento di una indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto”.
Dopo la conclusione di questa lunghissima vicenda giudiziaria, iniziata nel lontano 2014, soddisfazione è stata espressa dagli avvocati Maria Stella Pileio ed Antonino Napoli “non solo per l’ottimo risultato professionale ottenuto ma, soprattutto, perché le decisioni giudiziarie hanno ridato la dignità e l’integrità, troppo velocemente messa in dubbio da Enel, ad un lavoratore integerrimo”.