Tre condanne all’ergastolo, due a 30 anni di reclusione, due a 20 anni, una a 14 anni e tre assoluzioni.
Questa la sentenza emessa dalla Corte d’assise di Catanzaro nel processo “Rinascita scott” relativo al filone degli omicidi avvenuti nell’ambito dello scontro tra le cosche di ‘ndrangheta del vibonese.
Il collegio giudicante, presieduto da Massimo Forciniti, ha condannato all’ergastolo con isolamento diurno, come invocato dalla Dda di Catanzaro, il boss di San Gregorio D’Ippona Saverio Razionale, il boss di Zungri Antonio Giuseppe Accorinti e il boss di Vibo Domenico Bonavota.
Condannati a 30 anni Antonio Vacatello e Antonio Ierullo. Venti anni sono stati comminati a Pantaleone Garisto e Valerio Navarra e 14 anni al collaboratore di giustizia Andrea Mantella.
Assolti, come richiesto anche dall’accusa, Paolino Lo Bianco e Filippo Catania. Assolto anche Vincenzo Barba nei confronti del quale era stato invocato l’ergastolo.
Secondo l’accusa, Saverio Razionale e Giuseppe Antonio Accorinti sono responsabili del duplice omicidio di Roberto Soriano e Antonio Lo Giudice avvenuto il 5 agosto del 1996.
Barba, Catania, Lo Bianco e Mantella (oggi collaboratore di giustizia) sono coinvolti nel caso della morte di Filippo Gancitano, scomparso a gennaio 2002, per il quale è stato condannato solo Mantella.
Ierullo e Bonavota sono stati condannati per il duplice omicidio di Alfredo Cracolici detto “Alfredo Palermo” (a capo dell’omonima cosca di Maierato) e Giovanni Furlano, uccisi il 9 febbraio 2002. I due sono caduti sotto le raffiche di un kalashnikov e di un fucile calibro 12, davanti all’abitazione della fidanzata di Cracolici. Antonio Vacatello è accusato della tentata estorsione ai danni di un uomo nato a Vibo ma residente a Imbersago. La vittima – dalla quale Vacatello pretendeva la restituzione della somma di 6 mila euro – è stata oggetto anche di sequestro di persona da parte di Maurizio Pantaleo Garisto, Valerio Navarra, Antonio Vacatello.
L’uomo è stato prelevato a Cernusco sul Naviglio e portato in una casa a Seregno dove, immobilizzato a una sedia è stato più volte percosso. Infine è stato costretto a tornare in Calabria con i suoi sequestratori che lo hanno portato in casa dei suoi genitori vessandolo per la restituzione della somma da parte dei genitori. Intento non riuscito perché la vittima non disponeva di tutto il denaro.