Saranno necessari altri 90 giorni per la sentenza del processo “Xenia”.
Lo ha deciso la Corte d’appello di Reggio Calabria chiedendo la proroga per il deposito delle motivazioni con le quali, l’11 ottobre, ha assolto da quasi tutti i 19 capi di imputazione l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano.
Dopo la condanna di primo grado a 13 anni e 2 mesi di carcere, infatti, i giudici della Corte d’appello hanno praticamente ribaltato la sentenza del Tribunale di Locri condannando Lucano a 18 mesi di reclusione, con pena sospesa, per un solo falso relativo a una delle 57 delibere che gli erano state addebitate dall’accusa nell’ambito di un’indagine sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel Comune di Riace.
Per tutti gli altri falsi, così come per le accuse di associazione a delinquere, truffa, abuso d’ufficio e peculato, i giudici di secondo grado hanno assolto Lucano, difeso dagli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia.
Le motivazioni saranno contenute nella sentenza che, a questo punto, potrebbe essere depositata entro 90 giorni. Termine che, comunque, non è perentorio ma che si è reso necessario non solo per il carico di lavoro dei giudici della Corte d’appello.
La proroga è stata motivata dal fatto che il “procedimento in questione – scrivono i magistrati – si caratterizza per la non comune complessità e la delicatezza delle vicende trattate”. Per il giudice Davide Lauro, componente del collegio della Corte d’appello, il processo a Mimmo Lucano “esige una attenta ed analitica ricostruzione degli elementi di prova, di natura intercettiva e dichiarativa, oltre che della poderosa produzione documentale delle difese, oltre che la risoluzione di diverse questioni giuridiche, sia sul piano procedurale sia in punto di esatta qualificazione giuridica delle condotte contestate”.