Promosso dal centro comunitario agape si è svolto un incontro sul tema di come tutelare la maternità difficile, vista nelle sue varie declinazioni, compreso l’aborto tema, che periodicamente entra nel dibattito politico e diventa più una questione di scontro ideologico su fronti contrapposti sulla pelle delle donne, che una discussione seria su come concretamente tutelare diritto alla vita e tutela della maternità. Si dimentica che la quando la 194 fu approvata nel 1978, c’era un Parlamento per metà di democristiani e un ministro della Giustizia dc che la firmò perché quella legge non era-ispirata a un’ideologia, ma alla vita reale delle donne». Raniero La Valle, intellettuale cattolico, ex parlamentare di Sinistra indipendente, fu uno dei promotori di quella normativa che ricorda che in Aula disse che la responsabilità delle donne nella maternità ha un fondamento antropologico prima che etico o religioso. Il mistero è il rapporto tra madre e nascituro in cui nessuno può interferire. Ma la 194 non voleva essere la questione di quando inizia la vita,se al concepimento o dopo, ma affrontare un problema umano e sociale che nessuno metteva in dubbio ed ancora dissi che se Maria non avesse detto si all’Angelo neppure Gesù sarebbe nato» Ma cosa vuol dire concretamente tutelare la maternità, come sostenere quelle donne che scelgono la vita o che si trovano per vari motivi a dovere crescere un figlio senza avere un compagno accanto? Uno spaccato della condizione di queste donne è stato fatto dalle psicologhe Nadia Modafferi, della casa accoglienza dell’associazione Piccola Opera Papa Giovanni e da Elisa Mottola, con lunga esperienza al consultorio di San Marco.
La Modafferi ha condiviso la sua esperienza al centro di ascolto, evidenziando come la sfida principale è quella della solitudine, soprattutto tra le donne prive di una rete familiare adeguata. Ha sottolineato che le problematiche affrontate non sono mai isolate, spesso si intrecciano e non si limitano a questioni economiche o personali. Nel suo lavoro, si confronta con donne vittime di violenza e donne straniere prive di documenti e con molte altre situazioni complesse. Per queste donne, trovare una rete di aiuto ed in particolare famiglie disposte a offrire sostegno sia al bambino che alla madre è una soluzione preziosa, considerando che la solitudine è una sfida significativa.Il punto chiave è sensibilizzare sulla necessità di questo supporto ed è importante il lavoro del Centro Comunitario Agape che si concentra sul sostegno successivo alla prima accoglienza, poiché la solitudine diventa una sfida ancora più importante dopo l’uscita dai centri di accoglienza.
La Mottola ha sottolinea l’importanza del consultorio, che offre servizi gratuiti e coinvolge diverse figure professionali, come psicologi, ostetriche, ginecologi e assistenti sociali, per fornire un supporto completo alle donne. Tuttavia, la difficoltà risiede nella procedura di richiesta di supporto, spesso mediata dal tribunale anziché direttamente dal nucleo familiare. Così come serve un aumento degli organici che negli anni sono stati smantellati ed invece i Consultori sono importanti in particolare durante la gravidanza e nei percorsi per le donne vittime di violenza e dei i bambini che la subiscono e dove che la consapevolezza è fondamentale. In conclusione è stato ricordato come don Italo Calabrò, dopo l’uscita della legge 194, come risposta concreta della Chiesa di Reggio per la vita diede vita alla casa di accoglienza per ragazze madri e gestanti nubili, servizio che in oltre quaranta anni di attività ha permesso a diverse centinaia di minori di nascere e alle loro madri di essere accolte ed accompagnate. Per questo Agape chiede a Regione ed Enti Locali di legiferare e di programmare servizi di sostegno per le madri sole e di favorire percorsi di autonomia attraverso il lavoro e l’abitazione . Al comune di Reggio, come ha ricordato Giuseppina Nuri che ha coordinato l’incontro, si chiede di dare attuazione al protocollo sulle madri sole a cui aveva lavorato la precedente consigliera di pari opportunità Angela Martino e che nonostante le adesioni di altri attori istituzionali e sociali non ha avuto seguito. Ma anche la comunità ecclesiale e civile, con l’adesione alla rete di famiglie solidali promossa dal Centro, può dare un contributo raccogliendo l’invito di Papa Francesco che parlando recentemente all’Azione Cattolica ha invitato a fare propria la cultura dell’abbraccio, in particolare verso i più fragili.