Un ampio e diffuso dibattito ha aperto coi lavori preliminari il consiglio comunale convocato nell’aula Battaglia di palazzo San Giorgio. A chiosare la discussione il corposo intervento del sindaco Giuseppe Falcomatà.
Rispetto alle richieste di dimissioni il primo cittadino ha sottolineato l’atteggiamento rispettoso «Non a chiacchiere, ma coi fatti, non teso a prendere dalla giacchetta chi ha il compito di approfondire i fatti, ma dimostrando piena fiducia non solo a parole. Ci ritroviamo invece comportamenti che sono difformi e incoerenti con le dichiarazioni di pieno sostegno all’operato delle istituzioni».
Con riferimento al processo Miramare, il sindaco ha chiarito: «Questo è stato il modo in cui abbiamo vissuto la vicenda processuale che abbiamo affrontato in questi anni, nella piena consapevolezza che un imputato debba difendersi nel processo e non dal processo, per non prestare il fianco a quello che in città si era trasformato in una mera suggestione che non aveva nulla a che vedere con le contestazioni processuali, poi definitivamente confutate nell’ultimo grado di giudizio». Da qui il sindaco chiarisce «E se non lo abbiamo fatto in quella fase che era di gran lunga più avanzata, come potremmo farlo oggi in una situazione ancora più embrionale? Questo è il modo in cui continueremo ad affrontare questa fare e chi non è d’accordo è il caso che se ne faccia una ragione».
È tassativo il primo cittadino: «Le dimissioni sono un fatto politico, non si minacciano, né si annunciano: si danno o non si danno». Falcomatà ha ricordato, a tal proposito, quanto accaduto qualche anno fa con le dimissioni del consigliere di opposizione Nicola Malaspina. «Se qualcuno nel contesto del civico consesso – ha aggiunto il sindaco – non ritiene questa istituzione legittimata a rappresentare le istanze dei cittadini e a programmare il futuro di un territorio prenda le distanze e dia le dimissioni. È già avvenuto con il consigliere Malaspina. O forse temiamo che, in seguito ad eventuali surroghe, gli altri dopo di noi non potrebbero ugualmente dimettersi? Se hai paura di perdere il tuo posto significa che quel consesso lo ritieni ancora legittimato. Quindi non ha alcun senso continuare ad agitare spettri».
Si interroga ancora il sindaco: «A chi gioverebbero le dimissioni di cui parla Minicuci e, soprattutto, chi le chiede? La nostra città? di quale città si parla di Melito, di Massa Carrara, di Genova? Rispetto all’opportunità di una dimissione di massa e a quello che potrebbe succedere si manca di conoscenza dei percorsi amministrativi successivi. Peraltro la richiesta di dimissioni arriva da soggetti che hanno già annunciato di volersi candidare, da chi si è candidato e ha perso e da chi è stato condannato con sentenze passate in giudicato. Non possiamo permettere che si utilizzi la richiesta di dimissioni per fare politica strumentale alle spalle della città, o peggio ancora sulle spalle delle città. La verità è che non c’è una proposta politica alternativa a quest’Amministrazione. Perché dovrebbe lasciare rispetto a una non meglio paventata fase di stallo e paludosa. E quando si parla di ipocrisia dovremmo guardare prima a noi stessi, perché non si possono chiedere le dimissioni rispetto a una situazione embrionale quando nessuno le ha chieste nei confronti di chi è arrivato a sentenza definitiva. Se si è garantisti lo si è sempre e con tutti».
Falcomatà ha ricordato che durante le note vicende del 2012, dalla minoranza in consiglio di cui lui stesso faceva parte, nonostante la gravità dei fatti, nessuno aveva chiesto l’arrivo di commissari ma «abbiamo solo chiesto che si facesse chiarezza sugli aspetti economici e contabili dell’Ente, quindi non mettiamo a paragone le due fasi. In questi mesi si è provato a cambiare la narrazione, affermando che il centrosinistra voleva lo scioglimento, ma è utile ricordare che la nostra parte politica a livello di governo nazionale era abbastanza marginale in quel momento, anzi i Commissari del Mef furono mandati dal centrodestra e l’ispezione dell’antimafia fu mandata dal governo, sì tecnico, ma a trazione di centrodestra, e i commissari furono mandati con il centrodestra al governo».
Riguardo alla questione morale, il sindaco ha puntualizzato: «Io la ‘ndrangheta la conosco da bambino e la puzza di fumo di quando mi hanno bruciato casa ancora ce l’ho nel naso. So che cosa significa guardare in faccia la criminalità organizzata, so cosa significa vivere sotto scorta. Non più di un paio di settimane fa, quando abbiamo demolito l’ennesima baracca abusiva, io ero lì con la polizia locale a beccarmi le minacce del signorotto locale. A proposito di praticare le cose e non agitarle soltanto. Questi siamo noi, oltre quello che è stato già detto, oltre i protocolli, i beni confiscati, le costituzioni di parte civile, il riordino ai servizi sociali, gli appalti, le procedure. Questa è la storia della città e nessuno si può permettere di provare a cambiarla».