Continuiamo e concludiamo l’analisi della mancata applicazione del Regolamento per l’attuazione degli istituti di partecipazione del Comune di Reggio Calabria. Quello che, dopo gli anni del commissariamento e dopo gli anni delle amministrazioni Scopelliti e Arena, avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello dell’amministrazione reggina è, invece, un cahier de doléances.
Le Consulte sono sottoutilizzate rispetto alle funzioni espresse nel Regolamento, così come sono limitate le funzioni dei Comitati. La Consultazione popolare, un’iniziativa che può essere disposta “in ordine a qualsiasi questione di rilievo per la vita della comunità” non è mai stata convocata, evidentemente non ce n’era bisogno e va tutto bene.
Così come ci risulta mai svolto il sondaggio d’opinione previsto perché la cittadinanza possa valutare la qualità dei servizi comunali.
Passiamo all’Urban Center, inteso dal Regolamento come “istituto di democrazia aperta”. Prima che un luogo fisico, peraltro utilizzato in modo estremamente episodico e scarso, rappresenta “l’incontro e il confronto tra l’istituzione comunale e i cittadini sulle scelte inerenti il governo del territorio”. Con tutta una serie ben descritta di iniziative mai messe in atto.
Se ritorniamo al mancato rispetto del Regolamento per il Documento Unico di Partecipazione e per il Bilancio partecipativo, a partire dal mancato coinvolgimento per la formazione del Bilancio previsionale, il quadro sugli istituti di partecipazione è a ben poco sconfortante. Parliamo qui dei due documenti più importanti che un’amministrazione comunale debba e possa produrre.
Aggiungiamo che all’articolo 44 il Regolamento prevede che ogni 31 dicembre il Sindaco provveda a una relazione sul rendimento degli istituti di partecipazione. Non ci risulta sia redatta.
Ma diamo un piccolo contributo al rendiconto dell’azione amministrativa in tema di trasparenza e partecipazione come da Regolamento: esclusi consulte e comitati, su 11 istituti che prevedono l’iniziativa del Comune solo 1 è stato, di fatto, utilizzato, ossia il Consiglio Comunale aperto.
Dunque siamo al 91% di mancata attuazione del Regolamento, un risultato di rendimento impietoso. Se teniamo conto dei tempi di riscontro alle istanze, alle petizioni, alle proposte provenienti dalla cittadinanza, la questione addirittura peggiora.
Questa analisi riporta lo stato dell’arte attuale degli istituti di partecipazione a Reggio. Lo abbiamo detto già mesi fa: nessun cambiamento è possibile senza un cambio di rotta radicale su questi aspetti.
Fuori dal Regolamento approvato nel 2016 c’è solo l’arbitrio, la sfera della conoscenza personale, la cultura della concessione invece che il riconoscimento dei diritti, l’avocazione a sé degli strumenti democratici, la fine della dialettica democratica e la riduzione della critica a rumore di sottofondo.
Senza gli strumenti essenziali di partecipazione in un Comune tutto si riduce a chi sta nelle grazie e a chi sta fuori dalle grazie. Veramente poco per una Reggio che deve crescere.
Le regole ci sono, ma chi le ha deliberate forse non le condivide.
Si attuino i Regolamenti comunali. È l’inaugurazione che la città che non si rassegna attende.