Sedici anni di reclusione: è questa la condanna inflitta dai giudici della Corte d’assise di Cosenza a Isabella Internò, accusata di omicidio in concorso con ignoti per la morte dell’ex fidanzato, il calciatore del Cosenza Donato Denis Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989.
La sentenza è stata letta dalla presidente della Corte dopo 8 ore di camera di consiglio.
I giudici hanno ridimensionato la richiesta dell’accusa – 23 anni – concedendo le attenuanti prevalenti sulle aggravanti. L’imputata ha assistito alla lettura del dispositivo a fianco dei suoi legali. La corte ha anche escluso le aggravanti della crudeltà e dell’uso di sostanze venifiche. La Corte ha poi condannato Internò all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dei diritti civili per la durata della pena. L’imputata è stata quindi condannata al risarcimento dei danni da quantificare in separata sede.
Prima della sentenza l’imputata aveva detto: “Voglio solo dire che sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio. Dio è l’unico testimone che non posso avere al mio fianco”. A dirlo Isabella Interno’, imputata per l’omicidio dell’ex fidanzato, il calciatore Donato Denis Bergamini, con una breve dichiarazione spontanea al termine delle repliche di accusa e difesa.
Tra i banchi la sorella di Denis, Donata Bergamini con i figli Denis, Andrea e Alice
.L’udienza è iniziata con le repliche di accusa e difesa. Il primo a parlare è stato il procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio. “Bisogna confrontarsi sui fatti non sulle suggestioni – ha detto – e nessuna pressione è stata fatta. Respingiamo fortemente qualunque tipo di allusione su comportamenti per legge meno che corretti. La Procura si è basata su fatti, prove, conclusioni”. Quindi è stata la volta del pm Luca Primicerio e poi dell’avvocato della famiglia Bergamini Fabio Anselmo. Quest’ultimo si è detto “indignato per le allusioni e le tesi del complotto avanzate dalla difesa nel corso delle arringhe. La famiglia Bergamini è stata accusata di voler speculare, di avere fatto complotti non si sa con chi, quando nel corso delle fasi iniziali dell’indagini ha riferito anche le dicerie su Denis”.
Il legale ha anche sostenuto che la storia che Bergamini si possa essere ucciso perché depresso per avere contratto l’Aids sono“tutte suggestioni. Uno dei massimi esperti in materia ha testimoniato che non c’era niente che facesse pensare neanche al contagio”. E anche la tesi della difesa che un altro possibile motivo del suicidio fosse da ricercare perché inserito in strani giri dall’allora compagno di squadra Michele Padovano è falsa per Anselmo. Padovano – presente in aula – ha detto il legale, “è una persona onesta, vittima di un’architettura calunniosa volta a farlo passare come il motivo all’origine del suicidio”. Anselmo ha concluso la sua replica rivolgendosi ai giudici della Corte d’assise: “se Internò è innocente o colpevole lo deciderete voi, ma quello che tutti noi sappiamo è che Denis è stato ucciso”.
A concludere le repliche è stata l’avvocata di Internò, Rossana Cribari. “Se si dice che Bergamini è stato ucciso – ha detto – dovete dire quali sono le parti esecutive del delitto. Mi dovete dire come è stato ammazzato, cosa ha fatto A e cosa ha fatto B, come ho portato il corpo sulla statale e perché nessuno mi ha visto”. Tra il pubblico presente, anche padre Fedele, il frate storico tifoso del Cosenza.
Dopo la lettura della sentenza della Corte d’assise di Cosenza che la condannava a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Denis Bergamini, Isabella Internò, con un’espressione tra l’incredulo ed il disperato, ha stretto forte il braccio del marito. Prima, il marito della Internò, rivolgendosi ad uno dei legali di difesa ha solo detto “perché?“ “Isabella – è stato il commento dell’avvocato Angelo Pugliese – è innocente, ricorreremo in appello”. Quindi, insieme a lui e ai suoi avvocati, è uscita dall’aula da una porta secondaria. Nel cortile del Tribunale, l’uomo ha avuto un malore ed è stato soccorso dai sanitari del 118.
Processo Bergamini, la sorella “Dopo sentenza ho subito pensato a Denis”
Finalmente la Corte ci ha dato ragione.
Quando ho capito che la giustizia arrivava, la mia testa è andata a mio fratello, a mio padre e a mia madre che è ancora in vita ma che probabilmente non riuscirà a capire per la sua malattia Quando ho capito che la giustizia arrivava, la mia testa è andata a mio fratello, a mio padre e a mia madre che è ancora in vita ma che probabilmente non riuscirà a capire per la sua malattia”. Così Donata Bergamini, sorella di Denis, ha commentato, trattenendo a stento le lacrime, la sentenza della Corte che ha condannato Isabella Internò a 16 anni di reclusione.
“Ho pensato subito – ha aggiunto – ai miei figli che hanno finalmente smesso di portarsi dietro questa macchia. Gli ho sempre detto che nella giustizia bisogna avere fiducia che prima o poi la giustizia arriva. Ho provato felicità anche per i miei nipoti che non subiranno quello che hanno subito i miei figli. Cosa ho provato vedendo Internò? Niente non mi ha fatto nessun effetto perché quella persona li per me era già in carcere prima“ ha aggiunto.
“Per quanto riguarda l’aula – ha detto Donata Bergamini – devo ringraziare i miei avvocati perché se siamo arrivati a questo punto, oltre alla Procura di Castrovillari, l’impegno grande è stato dei miei avvocati non solo per quanto riguarda l’impegno morale ma anche l’impegno fisico perché la mia regione (l’Emilia Romagna, ndr) dalla Calabria è difficile da raggiungere. Riguardo al fuori ringrazio gli amici di Denis, gli abitanti della mia regione che mi sono stati vicini ma il ringraziamento più grande va alla città di cosenza, partendo dai tifosi poi da tutte le persone che mi sono state vicine in questi anni. Ho avuto un calore enorme. E’ quel calore che mio fratello sentiva a Cosenza e che lo ha spinto a non andare in una squadra più importante ma ha preferito rimanere qui”.
“L’entità della pena non mi interessa in questo momento – ha concluso la sorella di Denis – per me la cosa più importante era che quello che sia io che mio padre avevamo subito visto dall’inizio, quello che dicevamo era vero, che Denis era stato ucciso”.
Cori e striscioni per Bergamini fuori dal tribunale di Cosenza
Striscioni rossoblu, un grande numero 8 – il suo numero di maglia – e cori in suo favore.
I tifosi del Cosenza hanno voluto manifestare così, davanti al Tribunale di Cosenza, la loro vicinanza alla famiglia di Donato Denis Bergamini.
La tifoseria, alla tesi del suicidio – la prima ipotesi fatta all’epoca per spiegare la morte del calciatore – non ha mai creduto e adesso che si è in attesa del processo per omicidio a carico dell’ex fidanzata Isabella Internò si è schierata davanti il Tribunale per ribadire la richiesta di “verità e giustizia per Denis”.
All’udienza, tra il pubblico anche gli ex compagni di squadra di Bergamini Michele Padovano, l‘ex portiere Luigi Simoni e il centrocampista Alberto Urban, oltre a padre Fedele Bisceglia, storico tifoso del Cosenza.