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Università Mediterranea, Pro Vita e Famiglia: “No alla carriera alias”

"La Mediterranea decide di assecondare una sparuta minoranza che ha fatto della sessualità una ideologia", scrive Pro vita e Famiglia RC

di redazione

Mentre tutto il mondo ormai ha capito quali dannose conseguenze produce la teoria gender, l’Università Mediterranea decide di assecondare una sparuta minoranza che ha fatto della sessualità una ideologia e di porsi di fatto contro il corso storico. La recente approvazione della cosiddetta “carriera alias” da parte dell’ateneo reggino arriva in un momento dove tutti questi provvedimenti vengono ormai messi in discussione e annullati, anche l’Italia non è da meno in questo momento di sana revisione. È di questa estate, infatti, la sentenza della Corte costituzionale in cui si nega la possibilità di riconoscere nei Tribunali una presunta terza identità sessuale “non binaria”, cioè né maschile né femminile.

La Corte Costituzionale ricorda, giustamente, che la natura binaria della sessualità umana (uomo-donna) caratterizza i più disparati ambiti del vivere sociale disciplinati dall’ordinamento giuridico, come il diritto di famiglia, del lavoro, dello sport e dello stato civile, e che quindi il riconoscimento per via giudiziaria di un presunto terzo genere “non binario” sconvolgerebbe l’intero sistema giuridico e sociale italiano in modo tanto pervasivo da non essere compatibile con i poteri e le attribuzioni della Corte Costituzionale né di qualsiasi giudice.

La Consulta cita anche il fenomeno della “carriera alias” nelle scuole e nelle Università come un esempio di questione sociale legata al tema dell’identità di genere “non binaria”, ribadendo però che la legge italiana “stabilisce il principio della corrispondenza tra nome e sesso” e che, pertanto, solo un intervento legislativo potrebbe superare o cambiare questa regola.

Bisogna fare anche un’ultima considerazione che supera le autorevoli valutazioni della Consulta, ovvero che qui c’è in gioco lo sviluppo e la crescita di intere generazioni che invece di essere supportate in un percorso che gli dia forti strumenti di orientamento nella vita, vengono trascinate in questioni assolutamente irrilevanti perché di puro e riconosciuto contenuto ideologico. Siamo convintissimi che i giovani che quotidianamente frequentano l’Università reggina abbiano altri interessi da certe questioni e non perché indifferenti o insensibili alle discriminazioni ma semplicemente perché le nuove generazioni hanno già in sé questi anticorpi. Sarebbe più opportuno valorizzare questi anticorpi e per fare ciò basterebbe semplicemente che l’Università compia la sua vera vocazione, ovvero non di strumento ideologico che crea solo confusione e contrapposizione ma luogo in cui vengono trasmessi i saperi per la formazione integrale della persona che dovrà poi continuare costruire la società del futuro. È la cultura, infatti, che crea dialogo, rispetto, partecipazione, creatività e confronto, tutto il resto è macchinazione imposta e che ha sempre e solo portato contrasti, confusione e addirittura violenza.

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