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Al Polo “Righi-Boccioni-Fermi” la “Staffetta della Legalità”

L'iniziativa porta in giro per l’Italia storie vere, vissute da donne e uomini che non si sono arresi alla prepotenza della mafia

di N L

Ha fatto tappa al Polo Tecnico Professionale “Righi-Boccioni-Fermi” la “Staffetta della Legalità”, un’iniziativa che porta in giro per l’Italia storie vere, vissute sulla pelle di donne e uomini che non si sono arresi alla prepotenza della mafia. .

Hanno scelto di resistere, di lottare, di dire “no” anche quando il prezzo da pagare sembrava troppo alto. E proprio per questo, le loro testimonianze sono diventate un segnale forte per chi crede nella giustizia e nel potere della parola.

L’incontro ha subito colpito gli studenti, rapiti da racconti autentici, intensi, spesso dolorosi, che prendono forma nel libro La tazzina della legalità e nell’omonimo documentario, dove si intrecciano storie personali e battaglie civili contro la cultura mafiosa.

Ad aprire i lavori è stata la Dirigente del Polo Anna Maria Cama che,  con parole forti, ha invitato gli studenti a “vivere sempre nella libertà e nella consapevolezza di essere protagonisti del presente e costruttori del futuro”. Un invito chiaro, diretto, ad essere concreti e mai approssimativi.

Nel suo intervento, la dirigente ha ringraziato tutti tra cui il Lions Club Reggio Calabria Host per la collaborazione. Una sinergia, ha detto il presidente del Lions,  Aldo De Caridi, che unisce scuola, territorio e associazionismo. Poi il messaggio forte agli studenti: “Scoprite il coraggio di scegliere”.

Lo ha raccontato senza filtri Sergio Gaglianese, presidente dell’Associazione La tazzina della legalità: “Non mi sono piegato. Sentivo le fiamme dentro, ma ho detto no”. Parole dirette, forti che giungono come un pugno allo stomaco.

Mary Troiano, sceneggiatrice del documentario, ha voluto sottolineare come queste esperienze lascino ferite vere: “Sono storie che fanno perdere la serenità a chi le vive”, ha spiegato. Mentre il regista Silvio Valzani ha condensato emozioni e storie in pochi minuti di immagini: “Bisogna raccontare e vincere”, ha detto con voce forte e determinata.

Da quell’aula, è partito un appello forte alle istituzioni: dare lavoro ai giovani, creare possibilità, impedire che diventino servi o schiavi. Solo così si può dire davvero: “Adesso basta”. Lo ha detto Piera Aiello, testimone di giustizia che ha collaborato con il giudice Paolo Borsellino, lasciando tutti senza fiato con il racconto della sua storia. Da sola e con una bambina. Il marito ucciso dalla mafia e lei coraggiosamente pronta a raccontare tutto. A dire la verità a Paolo Borsellino, o meglio a “zio Paolo”, come egli stesso le aveva detto di chiamarlo. Dalla narrazione, carica di emozione, è emerso il volto di un giudice umano, semplice ed umile. “Pensaci, ha detto a Piera. Prenditi del tempo e quando sei pronta io sono qui. Se dovessi cambiare idea, io comprendo”. Ed ecco la sua risposta pronta ed immediata: “Non ho bisogno di pensare. Io intendo dire la verità”.

E lei ha avuto la forza di denunciare, così come Raffaele Fazio, il quale ha invitato i ragazzi ad “allenarsi alla legalità, a non tacere per non essere complici”. Ha condiviso la sua esperienza, i soprusi e le minacce subite. Le stesse che hanno segnato anche la storia di Tiberio Bentivoglio, il quale, rivolto agli studenti, ha detto: “Alzate il tono e non fate mai marcia indietro. Neppure per prendere la rincorsa”. Poi il racconto della sua vicenda. Gli spari, il dolore, la sofferenza, e quel marsupio che gli ha salvato la vita. L’ultimo proiettile, quello che non si trovava nel suo corpo, era dentro il marsupio. L’avrebbe colpito al cuore, e invece – grazie a Dio – si è fermato in quell’oggetto che oggi conserva tra i suoi ricordi più cari.

Poi, in aula magna, un altro momento che resterà impresso nella memoria degli studenti: la presenza di Nicola Catanese, già capo scorta del giudice Borsellino, e Domenico Scordino, già staffetta di Giovanni Falcone.

Catanese e Scordino, uomini dello Stato che lo hanno servito fino al punto di rischiare la vita per la giustizia e per la verità. Avrebbero potuto non esserci, eppure hanno scelto di condividere non solo i loro ricordi, ma anche l’emozione e la commozione di quei giorni. Soprattutto quando hanno parlato del giorno in cui è stata stroncata la vita dei magistrati. Non sono morti. Le loro idee continuano a camminare sulle gambe di chi sceglie la verità e la legalità ogni giorno.

Di quei giorni non hanno dimenticato nulla. Dai loro racconti è emersa la figura di due magistrati carichi di umanità e desiderosi di servire la società per renderla migliore. Ogni mattina ricordano che tra quelle macerie avrebbero potuto esserci anche loro. Parole forti, che sono arrivate dritte al cuore di quanti li hanno ascoltati.

Incantati gli studenti hanno ascoltato. Silenziosi hanno meditato sulle storie e sulla propria vita. Sul coraggio di scegliere ed essere concreti. Tante le domande poste ai presenti fino al suono dell’ultima campanella.

Per l’occasione è stato presentato anche un lavoro svolto dagli studenti durante il corso di disegno con il Professore Luciano Arillotta: una locandina riassuntiva della giornata con una originale interpretazione di colori ed immagini.

A presentarla, con tono decisamente universitario, è stato uno studente brillante della classe seconda: Demetrio Costantino dell’indirizzo Costruzione Ambiente e Territorio.

Una giornata da ricordare e scrivere per sottolineare come la legalità non si insegna, si testimonia e si costruisce ogni giorno.

                                                                                                                   

 

 

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