“A Reggio Calabria è stato annunciato un laboratorio gratuito per aspiranti DJ rivolto a giovani tra i 14 e i 35 anni. Una notizia che, a prima vista, sembra positiva: si parla di formazione, di cultura, di giovani. Ma se grattiamo via l’entusiasmo iniziale, restano molte domande aperte e una considerazione centrale: non basta insegnare una competenza, se poi non si costruisce un contesto in cui applicarla.” Esordisce così Sasha Sorgonà, founder di Spinoza e da anni attivo con successo nel settore degli eventi in riva allo Stretto.
“Il laboratorio, promosso con grande enfasi e con il coinvolgimento di nomi noti del panorama musicale italiano, oltre che certamente validi artisti reggini, punta a “formare nuovi talenti”. Ma formare per cosa, e soprattutto, per dove?”
“A Reggio oggi non esiste un ecosistema professionale della musica che possa assorbire 15 o più nuove figure nel settore DJing e intrattenimento. Non ci sono festival pubblici stabili, non ci sono spazi di coworking creativo, e perfino il numero di locali che offrono opportunità reali di lavoro stabile per questa posizione è estremamente limitato. “Mi domando cosa abbia davvero in mente l’amministrazione Falcomatà per il futuro di questi giovani?” si domanda Sasha Sorgonà.
Anche immaginando che da questo corso emergano veri talenti – cosa auspicabile – dove lavoreranno? Chi li seguirà nel post-formazione? Chi li accompagnerà nella costruzione della loro carriera?
Il vero nodo è che si continua a confondere l’evento con il progetto. Un laboratorio non è un piano di sviluppo. Un workshop non è una filiera. La cultura non è un servizio che si attiva con un bando spot ogni tanto: è un’infrastruttura, è un’economia, è una politica di lungo periodo. “Sarebbe certamente stato più serio, volendo creare un bando del genere, coinvolgere una realtà come il Conservatorio e creare delle figure che possano interagire professionalmente, in modo più ampio e ad alti livelli nel mondo dello spettacolo e della musica.” – continua Sorgonà.
“Un corso per DJ avrebbe certamente senso se inserito in un piano più ampio che comprenda la creazione di spazi permanenti per la musica e la sperimentazione artistica; il sostegno alle imprese culturali locali; il dialogo con locali, festival, club e radio per creare opportunità lavorative vere.
Senza questa rete, anche 15 nuovi giovani formati rischiano di diventare 15 nuove storie di emigrazione.”
Ma la vera occasione persa è un’altra: perché quantomeno non sono state coinvolte le realtà locali già attive nel settore?
A Reggio ci sono club, DJ, collettivi musicali, agenzie artistiche e culturali, locali storici e nuove realtà che, nonostante le difficoltà, mantengono viva una scena musicale sotterranea ma vivace. Ovviamente parliamo di aziende che possano creare posti di lavoro non singoli professionisti isolati. Sono queste che potrebbero offrire una continuità, una prospettiva concreta, un ponte tra formazione e lavoro. E invece la stragrande parte degli operatori viene sistematicamente esclusa da chi promuove eventi calati dall’alto.
Sostenere i giovani vuol dire prima di tutto rispettarli, non usarli per fare comunicazione. Non serve un selfie a fine corso, serve una visione di città. Un’idea politica e culturale che metta la musica e l’arte al centro dello sviluppo locale.
Reggio Calabria ha estremo bisogno di smettere di rincorrere i bandi e cominciare a costruire strategie di lungo periodo. Di smettere di improvvisare e iniziare a progettare.
Perché il futuro dei nostri giovani non si gioca nel tempo di un laboratorio. Si gioca nel tempo di un investimento strutturale, economico e culturale.
Conclude Sasha Sorgonà: “O li aiutiamo a restare per costruire qui, o li stiamo solo illudendo prima di perderli. Di nuovo.”