“L’Arcidiavolo e le diavolesse” è in onda ogni lunedi alle 20:40 su Radio Touring 104
1961
Negli States impazza il brano Hey babe di Bruce Channell, che unisce la voce ad un giro di armonica blues con effetto euforico e trascinante. L’armonica era suonata da Delbert McClinton che poi diverrà- udite, udite – amico di John Lennon.
La canzone tornerà a nuova fortuna nel 1987, grazie al film Dirty dancing nella scena iconica in cui Patrick Swayze (nel film, l’istruttore di ballo John Castel) balla con Jennifer Grey (Francis “Baby” Houseman, la protagonista del film): una scena iconica, entrambi scalzi che danzano in equilibrio su un tronco d’albero sospeso nel vuoto, al ritmo della musica di Bruce Channell; una scena CULT della generazione anni ’80.
Quasi trent’anni prima, dopo aver ascoltato il pezzo in radio, Lennon s’innamorò del suono dell’armonica; in quei giorni con i suoi fidati compari di Liverpool si stava recando ad Amburgo, per esibirsi negli equivoci locali notturni della città; l’occhialuto genio smaniava dal desiderio di sperimentare quello strumento blues, e di introdurne le sonorità nelle loro canzoni ancora in embrione.
Il negozietto di articoli musicali ad Arnhem, in Olanda, dove si trovavano di passaggio, era l’ideale per fare bottino. Con la complicità di Harrison, che – era belloccio, il chitarrista – svolgeva il ruolo di apripista con le ragazze e che distrasse la commessa, John intascò l’armonica blues sul modello furti alla Standa degli anni ’70. L’arte giustifica ogni cosa, ed esattamente un anno dopo il destino lo dimostrò. Ampiamente.
1962
5 ottobre. Esce il vinile d’esordio dei Beatles Love me do/PS I love you, un 45 che già conteneva i semi della grande fioritura degli anni ’60. Il lato A- Love me do, una semplice canzone orecchiabile, era stata fortemente voluta da Lennon, mentre Brian Epstein, il geniale manager che li lanciò, ne avrebbe preferita un’altra; alla fine, ascoltando le prove in studio, si convinse e fece bene, visti gli sviluppi.
La canzone che Epstein voleva (How do you do it?) sarebbe poi andata al gruppo Gerry and the pacemakers, anche di Liverpool, che qualche tempo dopo avrebbero inciso You never walk alone, il più popolare inno calcistico di sempre dedicato al Liverpool.
Il 45 giri Love me do, spinto anche dall’investimento fatto dal manager che – si dice, ma senza prove – comprò ben diecimila copie regalandole ad amici e parenti, arrivò fino al settimo posto della Hit, ma segnò l’esordio dei quattro giovanissimi che, nei successivi otto anni avrebbero segnato la storia della musica, della cultura, del costume, delle idee di tutto il mondo, mandando in orbita il suono “popolare”, inventando definitivamente la figura sociale del “giovane”, e diffondendo gaiezza e consapevolezza in centinaia di milioni di persone.
I Beatles non furono soltanto un fenomeno musicale. Permearono la realtà con il loro sound, che ha superato senza problemi il tempo rimanendo attuale anche oggi, sessant’anni dopo.
Il suono dell’armonica di Love me do, nettamente ispirato da “Hey Baby” di Channell e che ritroveremo in Please please me, prima di una lunghissima serie di canzoni Hit, aprì un varco nella ingessata musica europea dell’epoca, e i quattro Beatles entrarono direttamente nell’Olimpo degli artisti.
Poco prima dell’incisione ci fu una specie di resa dei conti all’interno della band. George Harrison, John Lennon e Paul McCartney non sopportavano più Pete Best, il batterista, bello, corteggiato, benestante ed anche bravo con i tamburi, che venne esautorato a favore del più modesto Richard Starkey, il gran simpatico che scelse Ringo Starr come nome d’arte, perché appassionato di anelli (Ring).
Pete Best venne esautorato perché “non faceva gruppo”. Si muoveva da solo, guardava gli altri dall’alto in basso, si sentiva la stella della band grazie anche agli stuoli di ragazzine che lo adoravano. Gli altri tre lo mandarono a zappare, ma lui inizialmente non si risentì, anzi. Pensò che la sua vera carriera sarebbe cominciata allora, libero da quelle zavorre dei Beatles. Seguirono decenni di depressione e analisi.
Ringo Starr ancora acerbo e non ben inserito nelle dinamiche della band, nell’incisione di Love me do si limitò a suonare tamburelli e maracas; la batteria fu invece nelle mani di Andy White, grande turnista dell’epoca. Pete Best ancora schiuma rabbia.
C’è una cover italiana, un po’ imbarazzante come tante cover dell’epoca. Si tratta di “Una ragazza diversa” inciso nel 1963 dal gruppo “I giovani-giovani”, guidato da Pino Donaggio. Qualche anno dopo, con il ritmo della musica ormai decollato, Sandie Shaw, la cantante scalza, incise una versione fantasmagorica di Love me do, a base di psichedelia rock e gran ritmo, tutt’alta cosa rispetto all’originale dei Beatles. Un grande pezzo, di un grande periodo.
I tempi, come diceva Bob Dylan, stavano cambiano.
Playlist di questa puntata:
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- Hey baby- Bruce Channell ★★★
- Love me do – Beatles ★★
- Please please me – Beatles ★★★
- Una ragazza diversa – I Giovani Giovani di Pino Donaggio ★
- You’ll never walk alone- Gerry and the pacemakers ★
- Love me do – Sandie Shaw ★★★★
- The times they’are A-changin’ – Bob Dylan ★★★★
- Love me do – Flaco Jimenes ★★